Aperti per ferie, e la progettualità non può andare in vacanza
Enzo Battarra (disegno di copertina di Giancarlo Covino)
– Un tempo le ferie d’agosto erano veramente nelle città e nella pubblica amministrazione una sorta di vuoto assoluto. Tutti partivano per qualche meta, vicina o lontana che fosse, popolare o esclusiva. Si andava nelle località balneari più rinomate, ma si andava anche dagli zii in paese. Insomma, si evadeva dalle città, che diventavano vuote, spettrali, ma in qualche modo anche più vivibili. Tutto era “chiuso per ferie”. Gli uffici garantivano il minimo, ma proprio il minimo, e tutti sapevano che si sarebbe dovuto aspettare il primo di settembre come una specie di capodanno autunnale, l’inizio di una nuova stagione lavorativa, la ripresa della vita civile e sociale.
In realtà c’erano alcuni che attendevano proprio il mese di agosto per svolgere la propria attività, come i malfattori dediti ai furti. Ma anche la politica, quella delle istituzioni, aveva le sue strategie oscure estive. Nei giorni immediatamente precedenti o successivi il Ferragosto, ecco comparire delibere e determine fantasma, viste da pochi, ignorate da tutti. Quelle erano le grandi manovre che servivano a preparare il terreno per un altro anno. E a volte tali stratagemmi riuscivano a ingannare anche le sentinelle più solerti, quelle che si mettevano di punta in attesa che gli amministratori compissero il “golpe”.
Ora, a parte in pochi weekend all’anno, la città non si svuota mai. E questo per vari motivi, il primo certamente la recessione economica. Ma è cambiata anche la tipologia di lavoro. Con il tramonto del “posto fisso”, ora ognuno deve industriarsi a costruire in proprio un reddito e questo non collima con periodi lunghi di assenza. Il rischio è di perdere opportunità. Nascono così le cosiddette “ferie spezzettate”.
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