Bullismo e cyberbullismo. La prevenzione innanzitutto
Samuele Ciambriello
– Come è noto il termine bullismo deriva dall’inglese “bullying” e viene usato nella letteratura internazionale per connotare il fenomeno delle prepotenze tra pari in un contesto di gruppo.In linea generale sono identificabili tre tipologie di comportamento aggressivo: violenza fisica diretta, aggressività verbale e relazionale – anche indiretta – caratterizzata spesso da violenza psicologica come diffamare, escludere, ghettizzare o isolare la vittima. In genere le vittime di genere femminile reagiscono al sopruso con tristezza e depressione, i soggetti di genere maschile invece esprimono più spesso la rabbia .
Ci vorrebbe un grande patto contro il bullismo, una grande battaglia, corale, con più attori, contro le piccole e grandi violenze che si consumano ogni giorno contro i più “deboli”, i diversi, chi non si omologa, chi “non obbedisce e non rispetta”, come dicono i bulli, nelle nostre aule scolastiche, o anche via web, nella versione più moderna, ma non meno odiosa del cyberbullismo. Gli sms, le e-mail, i social network, le chat sono i nuovi mezzi della comunicazione, della relazione, ma soprattutto sono luoghi “protetti”, anonimi che promuovono e producono tipologie di comportamento aggressivo ed offensivo. Strumenti, quelli dei social, deresponsabilizzanti e di facile accesso, quindi perversamente “adatti” a fini prevaricatori come minacciare, deridere ed offendere.
Troppi adulti, però, sono convinti che il problema riguardi solo i ragazzi e solo i social. Invece, dati alla mano, si scopre uno scenario un po’ diverso. In Italia sono attivi 31 milioni di profili social. Calcolando che molti ne hanno più di uno a testa – secondo il rapporto We are social – il 52% degli italiani ha un profilo su YouTube, Facebook, WhatsApp, Fb Messenger, Instagram, Twitter, Google +, Linkedin, Skype, Pinterest, Tumblr o Snapchat.
Andando un po’ più in profondità si scopre che un milione 130mila profili sono di ragazzi tra i 13 e i 17 anni. Mentre tra i 18 e i 24 anni salgono a 5 milioni 530mila.
Ritornando agli adolescenti a metà come li chiamo io, hanno perso il senso della vita. Non esistono spiegazioni per capire cosa passa nel cervello di un adolescente quando commette questi reati, quando obbedisce a stimoli naturali diversi, istintivi.
La lotta al bullismo deve coinvolgere tutti gli attori sulla scena di un dramma sociale e quotidiano che si consuma spesso nel silenzio. Certo i bulli sono una minoranza, ma la soluzione non può poggiare solo sulle spalle della scuola. Occorre mettere in campo progetti di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo che nascono con l’intento di creare uno spazio di informazione, condivisione e confronto con i giovani e i loro genitori, fornendo indicazioni per trattare ed eventualmente affrontare al meglio questo argomento all’interno della famiglia e dando anche spunti per un uso più consapevole della tecnologia.
Gli adolescenti, hanno perso il senso della vita. Non esistono spiegazioni per capire cosa passa nel cervello di un adolescente quando commette questi reati, quando obbedisce a stimoli naturali diversi, istintivi.
E l’indice puntato sui professori, su quelli che sapevano. E la famiglie, le forze dell’ordine, le figure sociali, la Chiesa,il mondo dei media?
L’apertura delle scuole, ogni anno è segnata dalle polemiche sulle cattedre, dell’inefficienza del sistema, dalla indaguatezza degli edifici, Adesso in molte scuole c’è il tempo pieno, l’alternanza scuola lavoro, ma la cruda realtà delle scuole medie, le difficoltà dei nostri tredicenni e quattordicenni non ci deve portare ne alla rassegnazione ne al pregiudiziale pessimismo. I ripetenti sono un segnale, lanciano un segnale.
Temo che il problema non siano solo i social né i ragazzi. Il problema siamo noi. Tutti. Il problema è il “bullismo” che ormai ha intaccato i nostri comportamenti quotidiani. Dare sempre la colpa a qualcun altro (il web, i social, l’età…) non ci aiuta né a risolvere la questione né a leggerla nella sua drammatica integrità.
Occorre reagire, prevenire, educare all’amicizia e alla solidarietà. Conoscere e riconoscere è l’arma vincente per contrastare questo fenomeno.
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