La canzone di Zeza, il carnevale popolare in Campania è teatro
– Una delle rappresentazioni carnevalesche più diffuse in Campania è senza ombra di dubbio la Canzone di Zeza. Dall’Avellinese (in particolare Montemarano e Bellizzi Irpino) al Napoletano (Pomigliano e lo stesso capoluogo) via via fino al Casertano, dove era diffusa praticamente ovunque e dove, dopo un periodo di oblio, è tornata in auge.
La rappresentazione teatrale è interamente cantata ed è accompagnata da una banda musicale, dove spiccano, in genere, la grancassa e il trombone. Quattro personaggi si alternano nei possibili stage, dai cortili alle piazze, dalle strade ai locali. Sono Pulcinella (a Maddaloni si chiama Mariniello), sua moglie Zeza, la loro figlia Vicenzella e don Nicola, innamorato di Vicenzella. Il plot narrativo ruota intorno al padre che non vuole il matrimonio della figlia, mentre la madre farà di tutto per farlo svolgere. Il momento centrale lo si raggiunge quando Don Nicola ha un alterco con Pulcinella e lo riempie di botte. In qualche occasione Don Nicola non si limiterà a picchiare Pulcinella ma gli sparerà un colpo di fucile tra le gambe. Solo così il padre acconsentirà al matrimonio della figlia.
Simbolicamente è evidente il gioco della contrapposizione vecchio/nuovo, con il ribadire la continuità e la ciclicità. Molti studiosi, Roberto de Simone e Annabella Rossi su tutti, si sono soffermati sul tema del travestitismo, centrale per la Canzone di Zeza, dal momento che tutti i personaggi sono interpretati da uomini, anche se la probabilità che sia un retaggio del vecchio divieto imposto alle donne per recitare non è da escludere.
Se la Canzone di Zeza si diffonde a Napoli nel Seicento, in piena Commedia dell’Arte, va ricordato che verso la metà dell’Ottocento subisce una forte censura da parte delle autorità di Pubblica Sicurezza, per i contenuti e i linguaggi considerati osceni. Per questo motivo dall’area metropolitana si sposta verso l’interno, fino a raggiunge le colline dell’entroterra dove ancora oggi è centrale per le celebrazioni carnevalesche.
Una ultima curiosità, connessa al nome Zeza. È il diminutivo di Lucrezia, i cui tratti fondamentali sono l’essere pettegola e melliflua, dolce solo all’apparenza. E non è un caso se ancora oggi nel dialetto si usa l’espressione nun fa ‘a zeza, proprio a ridicolizzare atteggiamenti simili.
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