24 giugno, la festività di San Giovanni nella notte più magica
– È bene ricordare fin da subito che la festività di San Giovanni cade in prossimità del solstizio d’estate in quell’ottica sincretica che non può non caratterizzare le variazioni dei culti: il preesistente viene conservato nel nuovo con forme eventualmente variate ma con simbologie in fondo analoghe. È ciò che succede per le celebrazioni comunque legate a un calendario diverso, e definibile folklorico, e a una temporalità altra, circolare e non lineare, perché collegato alla ritualità delle stagioni. Secondo questa metafora geometrica, all’opposto del solstizio d’estate, il solstizio di inverno, con Natale cristiano, gli equinozi autunnale (festa di ringraziamento per il raccolto: nel mondo cristiano, San Michele, in quello sassone Mabon ) e primaverile (in cui si celebra la rinascita della vita: nel mondo celtico è la festa di Ostara).
Le ritualità connesse a questa festa sono infinite. Mentre in ambito anglosassone la notte è considerata così magica che Shakespeare vi ambientò il Sogno di una notte di mezza estate e il rito più diffuso è la purificazione attraverso i fuochi (bonfire), qui si va dai proverbi alle parentele simboliche, ai collegamenti con la fitoterapia e alle coltivazioni, fino ai fuochi benaugurali e, soprattutto, alle divinazioni.
Come ricordato da Carlo Lapucci, in Toscana, San Giovanni non vuole inganni: il riferimento è sia alla inflessibilità del santo, sia alla dovuta quantità di oro contenuta nel fiorino trecentesco. Nel Veneto invece Chi nasci la notte de San Zuane no vedi streghe e no sogna fantasmi: e qui è interessante il parallelismo tra le tradizioni connesse alla notte di Natale (chi nasce quella notte è per definizione strega o lupo mannaro) e questa appena riportata che evoca una opposizione. Ancora, diffusissimo in tutta Italia il detto San Giovanni mietitore, San Paolo legatore, per ricordare come il 24 giugno cominci la mietitura (anche in connessione dell’inizio di rugiade mattutine che rovinerebbero il raccolto), mentre il 29 seguente si leghino le spighe. Ma di proverbi che descrivono particolari momenti della vita contadina connessi a San Giovanni ce ne sono moltissimi: da quelli che individuano l’inizio della maturazione dell’uva, a quelli relativi alla raccolta di agli e cipolle, fino a proverbi che hanno a che fare con i bachi da seta che oggi iniziano a fare il bozzolo o ad altri che indicano l’inizio dello sciamare delle api.
La parentela simbolica con San Giovanni ha a che fare con il comparaggio, istituto di fondamentale importanza nel mondo folklorico. Insieme a quello con San Michele (a tale proposito si ricorda come tale comparaggio avvenga o con l’incisione su muro della forma della mano, come si vede ancora al Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo in Puglia, o con il far passare un fazzoletto nella roccia forata a Raviscanina in Campania, recitando l’apposita formula), il comparaggio con San Giovanni è particolarmente sentito, specie contro le visioni e le apparizioni diaboliche: i racconti in cui il protagonista supera l’ostacolo demoniaco attraverso l’invocazione a San Giovanni, suo compare, sono numerosissimi in Campania.
La peculiarità di questa ricorrenza si vede anche nell’ambito fitoterapico, che era e rimane essenziale: le piante raccolte durante il giorno e la notte di San Giovanni avranno una efficacia, ovviamente simbolica, maggiore: ad esempio la onnipresente ruta, che ogne male stuta, ma anche gli ultimi cardi (a protezione del fegato). I fiori di questi ultimi vengono usati in Sardegna, Abruzzo, Molise e Basso Lazio per divinare il matrimonio.
Ed è questo il momento fondamentale di questa notte: la divinazione, attuata attraverso forme innumerevoli. Si va dall’anello sospeso nel bicchiere (per ottenere una risposta si/no), alla chiara dell’uovo lasciata fuori la finestra la sera e interpretata la mattina, dalle veglie (a Procida si recitava una particolare novena e si prestava attenzione ai rumori: se si sentiva il fischio di una nave il presagio era buono, così come se si sentiva l’abbaiare di un cane. Ma attenzione alle fusa del gatto o ai rumori d’auto, di tutt’altra natura), al piombo fuso e poi fatto rapprendere nell’acqua fredda. Più recentemente si sono aggiunte le letture di carte e di tarocchi. Sempre a Procida ricordo Zì Maria che vaticinava il futuro guardando in uno specchietto (detto quadrillo) analogo delle greche catottromanzie o delle medievali sfere di cristallo.
Questo carattere magico-divinatorio ha a che fare con la leggenda agiografica del Santo che indovinò la sacralità di Maria che portava in grembo Gesù o è questa caratteristica fortemente prodigiosa che influenzò il mito del Battista? Come al solito poco importa se è l’uovo o la gallina a vantare il diritto di originalità: quello che rimane fondamentale è la permanenza e la pervasività di un istituto culturale forse ridimensionato ma nonostante tutto insostituibile.
Solo pochi esempi, ma credo sufficienti a ricordare come quella di San Giovanni sia la notte più magica dell’anno.
* Antropologo culturale, Lecturer alla Boston University
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