Ageismo, basta la parola per discriminare chi è più anziano
– La parola ageismo è un calco omonimico della parola inglese ageism, derivata di age “età” con l’aggiunta del suffisso -ism e coniata dal geriatra americano Robert Butler nel 1969 per indicare la discriminazione verso le persone anziane. Sebbene le prime attestazioni del suo uso in Italia risalgano alla metà degli anni ’90, essa si è affermata più pienamente tra il 2020 e il 2021. Non è un caso che questa parola sia relativamente recente. Il progresso scientifico ha consentito a una platea più vasta di persone di vivere una vita lunga. All’inizio del secolo scorso gli anziani erano una piccola minoranza molto rispettata poiché erano visti come simboli ideali viventi di saggezza ed esperienza. Oggi l’età avanzata viene associata piuttosto a debolezza, fragilità e all’approssimarsi della morte. Proprio da questa visione negativa carica di pregiudizi nasce l’ageismo. Per fortuna la legge, sia italiana che europea, vieta la discriminazione ageista. Laddove infatti l’articolo 3 della Costituzione italiana proibisce qualsiasi forma di discriminazione basata sulle condizioni personali tra le quali la dottrina costituzionale annovera anche quella relativa all’età, il diritto dell’Unione europea vieta espressamente qualsiasi forma di discriminazione basata sull’età (art.21, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).
Purtroppo la società non presta la giusta attenzione al fenomeno dell’ageismo che investe invece molti settori e ambiti della vita quotidiana degli anziani. Nel mondo del lavoro a volte esistono limiti di età per accedere a determinate posizioni oppure promozioni legate alle prestazioni nelle quali generalmente i più giovani riescono ad ottenere una valutazione migliore. Nei rapporti sociali le persone più in là con gli anni vengono spesso giudicate negativamente per relazioni d’amicizia o d’amore con persone più giovani. Anche per ciò che concerne lo sport e le nuove tecnologie c’è di sovente un pregiudizio negativo sulle capacità atletiche o informatiche degli anziani e ciò determina una sorta di “profezia che si autoavvera”: è l’anziano stesso che crede di non poter fare una determinata cosa in ragione della sua età e finisce col rinunciarvi subito o col non provarci nemmeno.
Una visione sprezzante nei confronti dell’età più avanzata è molto spesso veicolata dai mass media che esaltano la giovane età privando l’anzianità di qualsiasi possibile appeal. In qualsiasi ambito, sia esso lavorativo o familiare, il mondo d’oggi sembra esigere velocità, efficienza e produttività, qualità generalmente associate alla giovane età. La società ci vuole performanti e utili: come se fossimo tutti prodotti alla mercé reciproca gli uni degli altri. In realtà a tutti, a qualsiasi età, può capitare di non riuscire, di non farcela, ma ciò che veramente conta è non scoraggiarsi ed essere determinati ad andare avanti vivendo appieno la vita. E probabilmente è proprio questo il segreto delle persone anziane che ci sembrano più felici e che riescono a fronteggiare meglio la discriminazione ageista. In fondo come diceva nel film Il Sorpasso, il personaggio Bruno Cortona, interpretato da Vittorio Gassman: “A Robe’, che te frega delle tristezze. Lo sai qual è l’età più bella? Te lo dico io qual è. È quella che uno c’ha giorno per giorno”.
*Dottorato in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche – Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
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