Al Madre porte aperte per tutto il mese di agosto
Per il quarto anno consecutivo, dopo il 2013, il 2014 e il 2015, anche quest’anno, dal 1 al 31 agosto, il mese di agosto nella città di Napoli o nella Regione Campania, si potrà visitare gratuitamente tutte le mostre in corso e le collezioni e partecipare alle attività estive del museo Madre. L’iniziativa, ribadendo il successo riscosso negli anni precedenti, viene riproposta con l’obiettivo di offrire nuovamente, a, la possibilità di avvicinarsi alle ricerche artistiche del presente visitando il museo d’arte contemporanea regionale: un museo non solo aperto ad agosto, ma gratuito per tutti e che propone a tutti, anche a chi non conosce o frequenta già il museo, di affrontare il caldo della stagione estiva camminando piacevolmente in mezzo a capolavori di arte contemporanea e ad “aria condizionata”.
La visita al museo inizia appena varcato l’ingresso, in cui è allestita Axer/Désaxer, l’opera in situ di dimensioni architettoniche dell’artista francese Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, 1938), che accompagna il pubblico alla scoperta delle altre mostre e delle collezioni, celebrando l’unione fra il museo e la sua comunità.
Già segnalata fra le “mostre dell’anno”, già dal piano terra ci accoglie anche Attesa. 1960-2016, la più ampia mostra retrospettiva mai dedicata alla ricerca artistica di Mimmo Jodice (Napoli, 1934), uno degli indiscussi maestri della fotografia contemporanea. La mostra (fino al 24 ottobre 2016) si articola in più sezioni tra loro connesse e inizia nella sala Re_PUBBLICA MADRE al piano terra, dove è messa in scena, nel formato di una grande proiezione cinematografica (Teatralità quotidiana a Napoli, 2016), una selezione di immagini dalle serie dedicate, negli anni Sessanta e Settanta, alla città di Napoli, lavori di matrice sociale e di impegno civile degli anni Sessanta e Settanta: dalla registrazione di forme di aggregazione sociale come i cortei del partito comunista o le feste popolari, alle condizioni di vita manicomiali e carcerarie, dalle dinamiche del lavoro in fabbrica, fra cui agli impianti di Bagnoli, e dalla denuncia del lavoro minorile o dei meccanismi di esclusione sociale alla vita di strada nei bassi e nelle periferie napoletane.
Al terzo piano del museo la mostra presenta, in un percorso appositamente concepito per gli spazi del MADRE, più di cento opere, dalle seminali sperimentazioni sul linguaggio fotografico degli anni Sessanta e Settanta fino ad una nuova serie(Attesa, 2015) realizzata in occasione di questo progetto retrospettivo. Sono proposti, in un allestimento unitario, tutti i più importanti cicli fotografici di Jodice – dedicati al mondo antico, alla natura morta, alla dimensione urbana, al rapporto con la storia dell’arte – in cui si articolano i principali aspetti e temi della sua ricerca: le radici culturali del Mediterraneo, le epifanie del quotidiano, che declinano un’archetipica antropologia degli oggetti comuni, l’astrazione delle metropoli contemporanee, posta a confronto con l’incanto del paesaggio naturale, la relazione fra tensione metafisica e dimensione della cronaca, così come fra il perdurare del passato nell’identità del presente. L’inizio e la fine del percorso espositivo al terzo piano del museo sono dedicati alle ricerche sperimentali degli anni Sessanta e Settanta: incunaboli diuna fotografia che si declina come investigazione concettuale delle potenzialità del linguaggio fotografico, mentre nelle tre ali del terzo piano si succedono poi – in una stringente contiguità e continuità fra i tre differenti tempi del passato (prima sezione), del futuro (seconda sezione) e del presente (terza sezione) – opere da tutte le principali serie di Jodice, a partire dagli anni Ottanta. Nella prima sezione si procede dalle radici culturali del Mediterraneo (ricerca avviata nel 1985) alle epifanie del quotidiano (Eden, serie del 1995 presentata in mostra in una nuova versione inedita). Così come, nella terza sezione, dalconfronto fra volti e corpi della Napoli contemporanea e i capolavori delle collezioni del Museo Nazionale di Capodimonte (Transiti, 2008) ci si volge alla relazione fra l’incanto del paesaggio naturale e la fantasmagoria metropolitana delle città contemporanee. Mentre nella seconda sezione, collocata al centro della mostra, prende corpo la matrice visionaria e meditativa di tutta la ricerca di Jodice e si dischiude compiutamente il nuovo ciclo Attesa, attesa di un futuro che mai si compie e che annulla, così, lo scorrere stesso del tempo. Per la prima volta in una sua mostra Jodice lascia infine affiorare anche le fonti di ispirazione della sua ricerca, rappresentate da opere selezionate con l’artista stesso: due capolavori dell’archeologia mediterranea (la scultura in marmo bianco del Compagno di Ulisse e il busto in bronzo di Artemide, provenienti da quell’ipotetico museo del mare nostrum che Jodice evoca nelle sue opere di soggetto archeologico) sembrano presagire, tramite il catalogo di frammenti antiquari delle acqueforti su rame di Giovanni Battista Piranesi, la loro futura sintesi fotografica. La ferocia astratta di Eden oscilla fra la Natura morta con testa di caprone (1645-1650)di Jusepe de Ribera e la quiete delle nature morte di Giorgio Morandi, mentre i paesaggi di Jodice sembrano trovare accogliente assonanza nelle metafisiche piazze d’Italia di Giorgio De Chirico (La grande torre, 1932-38) o nei silenziosi, compendiari, minimali scenari cittadini di Mario Sironi (Paesaggio urbano, 1920).
La Sala delle Colonne (primo piano) ospita invece la mostra Luna di latte dell’artista francese, Leone d’argento quale migliore artista giovane alla 55.Biennale di Venezia del 2013 Camille Henrot (fino al 3 ottobre 2016), con il patrocinio diInstitut français di Napoli e in collaborazione con la Fondazione Memmo di Roma. In mostra sessanta schizzi e disegni, sette sculture, realizzate presso la Fonderia Nolana Del Giudice, e alcuni interventi murali trasformano tre sale del museo da spazio-tempo pubblico e neutrale (il white cube museale) nello spazio-tempo domestico del proprio lavoro, nel luogo e momento di una creazione continua, come lo fu la stanza d’hotel in cui Henri Matisse dipingeva dal suo letto, o come è stato per un anno, fra il 2015 e il 2016, anche lo studio romano di Henrot, appartamento decadente e abbandonato divenuto soglia di passaggio tra notte e giorno, sonno e veglia, ombra e luce, progetto e opera, in un passaggio da pubblico a intimo e privato. Decidendo di condividere con il pubblico le fasi preliminari di altre mostre e di rendere visibile un progetto ancora in corso, Henrot ci introduce non solo nell’intimità del suo ambiente di lavoro, ma nel suo stesso processo ideativo e creativo, svelando materiali preziosi, inediti, in genere destinati a rimanere segreti.
Sempre al primo piano sarà possibile visitare le opere della collezione site-specific, mentre attraversando le sale del secondo piano ed altri spazi vari (terrazzo, cortili, atrio e mezzanino) il pubblico potrà esplorare la nuova collezione permanente in progress del MADRE Per_formare una collezione, progetto avviato nel 2013 e dedicato dal museo alla costituzione progressiva della sua collezione permanente, i cui ultimi capitoli sono rappresentati dal progetto Per_formare una collezione: per un archivio dell’arte in Campania con le opere Supernapoli dell’architetto Cherubino Gambardella e Cittalimbo Archives di Brigataes. Un’idea di collezione, quale entità “per_formativa”, ovvero costantemente in divenire, che definisce il museo non soltanto come spazio fisico ma anche come insieme di relazioni sociali e simboliche, di storie da raccontare e di possibilità da configurare. Un percorso espositivo che racconta la storia della cultura d’avanguardia, con particolare riferimento a quanto accaduto a Napoli e in Campania negli ultimi cinquant’anni, ma al contempo esplora il presente e ipotizza il futuro, attraverso l’inclusione di artisti che rispondono con nuove opere a questa storia.
Inoltre tutti i weekend di agosto i Servizi Educativi del museo Madre offrono un programma di visite didattiche#in_mostra, anch’esse gratuite, ogni sabato, domenica e lunedì, alle ore 11:00 e alle ore 17:00, dedicate alle due mostre della stagione espositiva estiva del museo: Mimmo Jodice Attesa. 1960-2016 e Camille Henrot Luna di latte.
Infine, fino al 29 agosto (project room, piano terra), sarà possibile visitare la Casa “do ut do”, su progetto di Alessandro Mendini. Il progetto presenta l’edizione 2016 di “do ut do”, contenitore di iniziative culturali a scopo benefico promosso dall’Associazione Amici della Fondazione Hospice Seràgnoli Onlus e piattaforma biennale che organizza eventi dedicati alle arti e alle eccellenze della cultura italiana coinvolgendo istituzioni, imprese e collezionisti e che, quest’anno ha come testimonail il premio Nobel Dario Fo.
Le stanze della Casa “do ut do” sono, a loro volta progettate da tredici importanti architetti e designer, e ognuna è dedicata aivalori che compongono la qualità della vita, elementi che danno il senso più profondo di una casa, di una comunità, di una città, di un paese: Alberto Biagetti (“vitalità”), Mario Cucinella (“empatia”), Riccardo Dalisi (“sogno”), Michele De Lucchi (“civiltà”), Stefano Giovannoni (“gioco”), Alessandro Guerriero (“attesa”), Massimo Iosa Ghini (“inclusione”), Daniel Libeskind (“incontro”), Angelo Naj Oleari (“natura”), Terri Pecora (“complicità”), Renzo Piano (“luce”), Claudio Silvestrin (“amore”), Nanda Vigo (“coraggio delle donne”).
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