AmàteLab e l’archeologia industriale. Siag, la fabbrica infinita
– È per venerdì 13 aprile alle ore 19 la presentazione del libro di Francesca Castanò «Angelo Mangiarotti e la fabbrica Siag. La storia di una costruzione infinita», edito da LetteraVentidue. L’appuntamento si terrà allo Spazio X, al Parco dei Pini in via Petrarca a Caserta. In collegamento Skype ci sarà l’architetto Ingrid Paoletti, docente al Politecnico di Milano. L’Ordine degli Architetti ha dato il suo patrocinio.
L’architetto Antonio Buonocore, tra i fondatori di AmàteLab ricorda che “sono ormai parecchi anni che Francesca Castanò si interessa al tema dell’architettura industriale, e AmàteLab ha intercettato questo suo studio rendendolo anche un proprio tema ricorrente: abbiamo già organizzato sull’argomento un incontro presso Spazio X lo scorso anno, abbiamo visitato lo stabilimento ex Pozzi di Sparanise e più recentemente l’ex SIAG di Marcianise”. Quindi, aggiunge: “Venerdì allo Spazio X potremo anche vedere la fabbrica attraverso gli scatti di 4 fotografi campani e degli allievi del workshop di fotografia tenuto da Mario Ferrara nelle ultime settimane.”. “Gli stabilimenti industriali Siag per la produzione di pannelli truciolari – ricorda Francesca Castanò – furono progettati dall’architetto Angelo Mangiarotti con l’ingegnere Aldo Favini tra il 1962 e il 1964. Esempio all’avanguardia per l’attenzione al tema sociale e per la qualità delle soluzioni prefabbricate, il complesso, nato sul modello Olivetti,andava a insediarsi in un contesto agricolo ad alta produzione canapiera, distante dalle zone ASI e dai centri urbani. Alla metà degli anni Ottanta, dopo il passaggio alla società Saffa, cessa la produzione al suoi interno e ha inizio il progressivo decadimento delle parti costruite e delle vaste coltivazioni annesse, oggi incluse tra i beni immobiliari di Invitalia Partecipazioni. L’ex fabbrica Siag, pur nello stato di dismissione e declino, preserva ancora i caratteri di monumentalità e di sapiente bellezza, con cui esordì nello scenario di Terra di Lavoro cinquant’anni addietro, offrendosi quale testimonianza tangibile dell’opera di due indiscussi protagonisti dell’architettura e dell’ingegneria del secondo dopoguerra”.
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