Andrea Sparaco e l’avanguardia casertana, l’uomo e l’artista
Ripensare all’arte contemporanea in Terra di Lavoro attraverso uno dei suoi massimi esponenti: Andrea Sparaco, scomparso dieci anni fa, il 23 agosto del 2011. Un omaggio doveroso rivolto all’uomo, così come all’artista, il cui contributo culturale è stato altresì importante per i linguaggi artistici d’avanguardia che si sono affermati in provincia di Caserta nell’ultimo cinquantennio. Una dedica testuale che prende le mosse dall’iniziativa promossa da Ondawebtv di voler ricordare Sparaco attraverso vari contributi.
Per tutta la vita Sparaco ha portato aventi un unico progetto dicotomico di ricerca artistica, stabilendo una continua relazione tra arte e impegno politico sin dai suoi esordi, partendo, in prima battuta, con la realizzazione di opere di stampo neorealista. Successivamente, la sua produzione è stata fortemente condizionata dalle sue stesse posizioni ideologiche, strettamente connesse a quelle del Partito Comunista Italiano. Un’accezione, questa, che, ancora oggi, potrebbe far suscitare degli equivoci e pertanto è necessario condurla nella giusta dimensione culturale. In merito, i suoi lavori sono stati ben lungi da istanze propagandistiche suggerite dal partito stesso, ma hanno mantenuto una propria espressività creativa che è stata affermata, nel tempo, attraverso generi e tecniche impiegati in svariato modo e tradotti sempre in maniera differente. La rappresentazione di soggetti legati al mondo circostante e alle sue dinamiche socio-economiche ed occupazionali è stata da lui affrontata tramite lo svolgimento di un proprio linguaggio e di un personalissimo stile compositivo, entrambi sviluppati con l’ausilio di moduli distanti da ogni tipo di formalismo. Tali aspetti, singolari nella loro natura, hanno chiaramente contraddistinto tutta la sua attività, la cui origine bisogna farla risalire ai tempi della sua formazione.
Oltre la passione e l’interesse, Sparaco ha ricevuto gli insegnamenti indispensabili alla pratica della pittura e delle arti in generale frequentando a Napoli lo storico Istituto d’Arte “Filippo Palizzi” e, poi, la prestigiosa Accademia di Belle Arti. A parte gli studi, è opportuno ricordare che Sparaco, classe 1936, era figlio della Terrae Laboris, nato nel cuore della Campania Felix, quando Caserta altro non era che periferia di Napoli e sui muri tufacei di locali ed antiche abitazioni rurali campeggiavano scritte inneggianti il Duce e le imprese libiche. La visione di un’umanità ancora condizionata da arretratezze culturali, da superstizioni strettamente connesse a credenze supportate da sincretismi pagano-cristiani, dal lavoro estenuante prestato nei campi e dall’assenza di una qualsiasi possibilità di rivendicazione e di un eventuale sostegno alla società da parte dell’ormai imperante progresso mondiale, sono stati i primi elementi catalizzanti che hanno sollecitato la sua primordiale kunstwollen. L’articolazione urbana e sociale del tempo era costituita da pochi e semplici fattori ambientali ed era, inoltre, imperniata su modelli feudatari, dove vi erano i signori, ricchi proprietari terrieri, da una parte, e la massa di poveri braccianti, sfruttati dall’intenso lavoro prestato nei loro possedimenti, dall’altra. Una precipua classe borghese non c’era, ma non mancava quella degli artigiani, seppur ancora organizzati in schemi corporativi utili eventualmente ai soli fini assistenziali. È, però, proprio grazie a quest’ultimo contesto che il giovanissimo Sparaco acquisirà i rudimenti della “fatica”, dell’apprendistato al mestiere, alla realizzazione di un manufatto che prendeva vita da un materiale inerte quale, ad esempio, il legno. Al riguardo, suo padre era un falegname e nella sua bottega cominciò a carpire i fondamenti della lavorazione di questa materia, venendo involontariamente catapultato nel passato, all’epoca della di William Morris, dei suoi ideali socialisti e delle sue interferenze estetiche e culturali nel movimento delle Arts&Crafts.
Tra la fine degli anni Cinquanta del Novecento e fino alla Caduta del Muro di Berlino, Sparaco ha continuato a coniugare politica e immagine, rinnovando, ogni volta, la sua indagine artistica, ma soprattutto portando avanti quel desiderio di narrazione figurativa della società e dell’universo a lui circostanti, comprensivi di qualsiasi valore universale, senza mai omettere il dato estetico e, quindi, rimarcando quell’armonia ed equilibrio che possono, nell’eventualità, rendere sorprendentemente bella ogni opera d’arte contemporanea.
Il genio raggiunto durante la seconda metà del secolo scorso non è emerso soltanto dall’ininterrotto processo investigativo svolto attorno alle tecniche e alle raffigurazioni artistiche, ma anche tramite l’elaborazione dei grandi temi che hanno attraversato il lungo arco di tempo in questione. Al di là di ogni formulazione o iniziativa messa in atto, la volontà di Sparaco si è orientata verso l’affermazione della modernità, intesa come progresso ed evoluzione positivista della società dove era nato e dove aveva scelto di operare artisticamente e non solo. In tal senso, egli ha avvertito la necessità di intervenire sulla natura ancestrale del proprio territorio, carpendone prima le forze intrinseche, per, poi, ammodernarla secondo un’ottica progressista. Per fare questo è stato, però, indispensabile rivolgersi alle masse in maniera comprensibile, utilizzando un linguaggio oltre che testuale anche grafico e pittorico, sfruttando immagini comuni per riproporle in modo inedito e certamente innovativo anche dal punto di vista tematico, tenendo conto che la classe dei lavoratori in oggetto non era più quella dei braccianti, ma si era ormai tramutata nella novella veste di operai addetti a macchine dalle forme spesso mostruose e dal rumore frastornante che incuteva timore. A chi si trovava davanti a questa nuova e mutata realtà delle cose e della società conosciuta andava fatto uno speciale indottrinamento, le cui coordinate erano già indirizzate verso l’astro del socialismo risplendente sul volto barbuto di uno dei massimi filosofi dell’Ottocento: Karl Marx. Tanto citato è stato, nell’era delle contestazioni, il suo Manifesto, redatto insieme al poco fortunato Friedrich Engels, ma così poco compreso dagli stessi cultori che ne facevano sfoggio intellettualistico. Intorno a questo libro ruotava l’intera galassia della sinistra italiana, da quella socialista a quella extraparlamentare, la cui forza di gravità era sorretta da parole e teorie non sempre chiare nell’articolazione oratoria e nella trascrizione letteraria.
Andrea Sparaco tramite i suoi lavori è riuscito a trovare una perfetta sintesi, inaugurando immagini moderne sorrette da testi chiari ed efficaci al contempo, ma soprattutto didascalici, tanto da esser capiti da tutti. La divulgazione della rivendicazione così come della proposta programmatica attraverso le sue opere è riuscita ad insinuarsi nell’immaginario collettivo di chi aveva rapporti con il mondo sindacale e con il variegato universo della sinistra di stampo marxista, nonostante i suoi dipinti, i suoi schizzi o le sue installazioni presentassero così scarsi elementi figurativi che potevano connettersi, in senso stretto, alla tradizione figurativa di stampo otto-novecentesco. I suoi lavori venivano puntualmente esposti nel corso delle Feste dell’Unità quasi come se fossero stati degli Exultet miniati srotolati davanti a dei fedeli per illustrare loro la Passione di Cristo.
Nonostante la fine della stagione calda degli anni Settanta e l’avvento al potere del socialismo riformista di craxiana memoria, Sparaco e la sua arte sono comunque rimasti “fedeli alla linea” pur se attraverso una rivisitazione estetica delle opere stesse, soggette a nuova poetica: intima e sicuramente più matura. Non è venuto meno nel suo incessante percorso il ricorso alla denuncia che, ad un certo punto, è divenuta catartica, cioè intesa come purificazione interiore. L’eredità artistica di Sparaco è veramente immensa: pannelli, installazioni, disegni, bozzetti, riflessioni e appunti, sculture e, poi, mostre, collettive e personali, eventi, cataloghi, articoli, saggi e attività di gruppo. C’è tanto da indagare ancora nel suo passato e nella sua carriera artistica, ma, in particolare, c’è da approfondire tuttora la vera natura creativa sia del suo operato sia della sintesi tra forma e sostanza che è riuscito a proporre negli anni. Comprendere appieno le sue vicende storico-artistiche vuol dire conoscere un passato non molto lontano di una provincia, quella di Caserta, che, nonostante i secoli trascorsi, non è riuscita a coglier in pieno quel processo di ammodernamento che sia lui sia alcuni suoi sodali hanno tanto invocato nel corso della loro esistenza umana ed artistica.
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