ASMR e “satisfying”, ovvero come il piacere diventa vicario
-Chiunque frequenti i social network si è quasi certamente imbattuto in video curiosi ma, al tempo stesso, così affascinanti da non poter fare a meno di guardarli: da persone che mangiano rumorosamente o picchiettano le unghie sul microfono, a coltelli che tagliano la sabbia cinetica o saponette che vengono affettate. È il trend dei video ASMR e satisfying, i cui hashtag impazzano su tutti i social. Come mostrano chiaramente i dati di Google, si tratta di un fenomeno che ha acquisito crescente popolarità a partire dal 2013 e, analizzando le più frequenti query degli utenti, non ancora ben chiaro.
Sebbene i contenuti ASMR e satisfying abbiano alcune caratteristiche in comune, non possono essere considerati totalmente equivalenti. ASMR, ovvero la risposta sensoriale meridiana autonoma, indica un’esperienza sensoriale positiva, di relax e benessere, spesso accompagnata a un leggero formicolio che parte dal collo e si estende al resto del corpo, derivante dell’esposizione a stimoli di natura principalmente uditiva, come una persona che sussurra, mangia o manda baci, l’audio binaurale (anche detto “in 8D”), il rumore dei tasti della tastiera di un computer o anche il parlare la lingua italiana (in video rivolti a non italofoni). I video satisfying, invece, suscitano godimento sensoriale grazie a particolari stimoli visivi; si tratta, per esempio, di contenuti in cui gli slime vengono realizzati, i cassetti riordinati, o le vernici miscelate. È opportuno ricordare che il termine satisfying è, spesso, accompagnato dall’aggettivo oddly: i video, infatti non sono semplicemente “soddisfacenti”, ma “stranamente soddisfacenti”, perché la loro piacevolezza sembra quasi inspiegabile. Infatti, una componente fondamentale dei video ASMR e satisfying è proprio la natura della reazione provocata, che permette di determinare la differenza tra i due concetti: mentre nel caso dell’ASMR la risposta sensoriale sarebbe associata al piacere sessuale, per i video (oddly) satisfying deriverebbe dall’associazione dello stimolo visivo a una sorta di nostalgia per l’infanzia, come nel caso degli slime, oppure dal sentire le stesse sensazioni che si proverebbero se si svolgessero quelle attività in prima persona. Non è un caso che il trend sia esploso proprio nell’epoca dei video DIY (Do It Yourself), o fai da te, quando alcuni creator hanno notato che molti dei loro utenti guardavano i loro video non necessariamente per imparare a fare qualcosa, ma semplicemente perché piacevoli. Di conseguenza, proprio grazie alle loro caratteristiche, tali video sono diventati un vero trend che ha portato alla nascita di canali social o anche podcast dedicati. Inoltre, grazie alla loro attrattiva (che spinge molte persone a guardarne in ripetizione o successione), i contenuti ASMR e satisfying si stanno affermando anche come dei validi strumenti di marketing, contribuendo alla viralità dei contenuti, riducendo i costi ma aumentando i tassi di conversione.
Nonostante la notevole popolarità dell’ASMR e dei contenuti satisfying, nonché dell’uso di queste due parole soprattutto tra i giovanissimi, è curioso osservare la mancanza, almeno per ora, dell’attestazione dei due termini in qualsiasi dizionario italiano o anche da parte dell’Accademia della Crusca. Difatti, l’unica fonte autorevole che prova a darne una definizione è un articolo del 2020 per il magazine online “Lingua Italiana” di Treccani sul valore della lettura per i legami affettivi.
Si potrebbe, dunque, pensare che sia solo una questione di tempo prima che l’uso dei due termini venga attestato ufficialmente? E, se e quando ciò accadrà, si proverà anche a trovare un corrispettivo italiano? Se, infatti, ASMR è un acronimo semi-scientifico utilizzato anche da studiosi italiani, sia ASMR che satisfying sono associati soprattutto a fenomeni nati sul web e, dunque, internazionali. Per queste ragioni, almeno per il momento, l’uso dell’inglese sembra essere l’unica possibilità.
*Dottorato in “Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche” – Università degli Studi di
Napoli “Parthenope”
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