Boccaccio e Fiammetta, forse a Capua la loro storia d’amore
-Tra il 1327 ed il 1340, il giovane Giovanni Boccaccio si trasferì, insieme al padre Boccaccino di Chellino, da Firenze a Napoli per poter svolgere l’apprendistato presso il banco di dei Bardi, i cui servizi finanziari erano destinati alle ininterrotte e pressanti richieste dell’allora corte angioina. Appena quattordicenne, si trovò quindi catapultato nella città partenopea, che, al tempo, era una vera e propria capitale regale e cosmopolita, dove i processi culturali e artistici venivano promossi di continuo da Roberto d’Angiò.
A Napoli, dopo qualche tempo e nonostante la disapprovazione del genitore, Boccaccio intraprese gli studi di giurisprudenza presso la locale università, dove conobbe Cino da Pistoia, professore di diritto canonico; ma, ben presto, del pistoiese più che le lezioni dedicate alle norme giuridiche ecclesiastiche preferì seguirne gli insegnamenti poetici. A seguito di questa sua esperienza, Boccaccio produsse le sue prime opere, sia in volgare sia in latino, come il Teseida, il Filocolo, il Filostrato e la Caccia di Diana. Nel giro di poco tempo, notevole fu la sua fortuna letteraria, tanto da esser inviatato a frequentare la corte angioina, dove ebbe la possibilità di conoscere numerosi filosofi e scienziati al servizio di Roberto I e di poter consultare la sua ricca biblioteca. Al contempo, nel cuore del giovane Boccaccio fioriva l’amore grazie all’incontro con Fiammetta, avvenuto il Sabato Santo, del 1336, all’interno della Basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli.
Dopo qualche anno, quest’episodio divenne motivo di redazione dell’Elegia di Madonna Fiammetta, la cui narrazione è incentrata proprio sul tema dell’innamoramento del poeta, la cui figura si cela sotto le sembianze di Panfilo. Secondo la tradizione, il vero nome di questa nobile giovane partenopea era Maria d’Aquino, figlia illegittima di re Roberto e la contessa provenzale Sibila Sabran, moglie di Tommaso IV d’Aquino, signore di alto lignaggio del regno e feudatario del principato di Capua. È proprio in quest’ultima località che, con buona probabilità, si siano ulteriormente intrecciati i rapporti tra il poeta fiorentino e la famiglia della sua amata, se solo prendiamo in considerazione che lo stesso Boccaccio vi vantava incarichi di una certa rilevanza, fra questi la delega, ricevuta nel 1340, di amministratore della chiesa di San Lorenzo ad Crucem; struttura, di origine longobarda, di cui ci sono pervenuti pochi resti visibili, in quanto, nel Quattrocento, venne inglobata all’interno di Palazzo Antignano, oggi sede del Museo Provinciale Campano.
Il susseguirsi di questi minuti fatti storici, fa pensare, seppur in maniera molto fantasiosa, che non è da escludere la possibilità che la tradizione scritta abbia riportato in maniera erronea il sito dell’incontro tra i due giovani e che forse delle due chiese “laurenziane” quella giusta si trovava a Capua e non a Napoli; immaginando altresì il giovane Boccaccio a passeggio in uno dei centri più importanti del mezzogiorno, già definito, a partire dall’età federiciana, come città fedele e “chiave del regno”.
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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