Casatiello, salato o dolce è prelibato ma ha un nome indigesto
– Del “Casatiello” esistono due versioni: quella dolce e quella salata. A Napoli, per la maggiore, si intende una sorta di pane cotto al forno condito con formaggio, il caso appunto, da cui deriva il nome stesso della pietanza. Le sue origini sembrano essere molto antiche, ascrivibili all’età greco-romana. Difatti, numerose sono le testimonianze circa la preparazione di pani conditi che venivano offerti alla dea Cerere nel corso delle celebrazioni primaverili. Con l’avvento della cristianità c’è stata, poi, una trasposizione di questo piatto che, prevalentemente, viene approntato durante le festività pasquali. Dalla storia alla letteratura, il casatiello viene, addirittura, citato, nel Seicento, da Giambattista Basile nella narrazione della Gatta Cenerentola inserita nel volume Lo Cunto de Li Cunti.
Ancora oggi per il “casatiello” si osserva l’antico “disciplinare”. Si prende una pasta da pane fatta lievitare a cui si aggiungono sugna, pepe, salumi vari, cicoli e formaggi. Dopodiché viene lavorata e messa in un apposito stampo in modo da darle la forma di una ciambella. Successivamente si inseriscono le uova intere nella parte superiore del preparato, lasciandole, però, in parte sporgenti per poi sovrapporvi un po’ di pasta modellata a forma di croce.
Per i partenopei c’è poi la variante dolce, fatta con uova, zucchero, strutto e glassa e, infine, decorata in superfice con i “diavulilli” che sono dei confetti colorati. Questo tipo di casatiello è opportuno ricordare che è particolarmente diffuso a Caserta e ne esiste una versione simile che viene realizzata a Santa Maria Capua Vetere e che prende il nome di “Pignata”.
Buono non soltanto a pranzo nel giorno di Pasqua, ma anche come merenda da portar con sé durante le scampagnate di Pasquetta. Sia dolce che salato, in entrambe i casi si tratta di una pietanza molto “carica” in termini di ingredienti e calorie e, non a caso, si lega a una “proverbiale pesantezza”, difatti quando ci si trova in circostanze noiose, pedanti o verbose, c’è l’abitudine di dire: “I’ che casatiello”!
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