Covid e povertà educativa, manca ai ragazzi la magia dell’arte
Armando Rispoli (psicologo e psicoterapeuta)
L’emergenza Coronavirus e la chiusura prolungata delle scuole con la sospensione sia delle attività formative che di quelle artistiche, sportive e aggregative ha aggravato soprattutto in zone già particolarmente disagiate il livello di esclusione sociale di bambini e ragazzi.
Nei prossimi anni i “nuovi giovani” rischiano di trovare un contesto economico e sociale più “povero” delle generazioni precedenti. Vivranno una “condizione ereditaria dello svantaggio” che può pregiudicare il loro diritto alla crescita e al corretto sviluppo. Questo fenomeno definito è “povertà educativa”, ovvero come la privazione per un bambino e un adolescente della possibilità di apprendere, di sperimentare le proprie capacità, di sviluppare e far fiorire liberamente i propri talenti e aspirazioni rappresenta una limitazione delle opportunità di crescita dal punto di vista emotivo, delle relazioni con gli altri, della scoperta di se stessi e del mondo esterno. Anche se le scuole sono ricominciate, migliaia di bambine e bambini, ragazze e ragazzi non verranno adeguatamente sostenuti nel recupero delle proprie difficoltà pregresse e continueranno a non essere stimolati da alcuna attività espressiva artistica, musicale, sportiva. Bisogna cominciare a riflettere sul fatto che la scuola non sia solo il luogo degli apprendimenti tradizionali e che per la formazione dei giovani adulti sia fondamentale lo sviluppo di tutte le competenze, comprese quelle artistiche e relazionali.
La partecipazione ad attività culturali e ricreative, come imparare a suonare uno strumento musicale, dipingere, fare attività sportiva, leggere libri, rappresenta un importante indicatore dell’opportunità – o della privazione – educativa. Le attività che sviluppano la creatività sono altrettanto importanti delle altre! La musica ad esempio incoraggia la creatività e l’auto-espressione, insegnando ai bambini a dire ciò che “non si può dire”, consente di esprimere sentimenti che diversamente non troverebbero sfogo e quindi a condividerli con l’altro. Per non parlare poi della capacità, propria dell’espressione artistica multiculturale, di integrare ciò che appare come “diverso”.
Nel corso degli ultimi decenni, sono stati condotti numerosi studi sul legame fra la pratica di attività artistiche e lo sviluppo delle capacità cerebrali dell’individuo durante l’infanzia. L’arte, nelle sue forme più varie (arti visive, musica, teatro, danza), coinvolge infatti tutti i sensi del bambino e ne rafforza le competenze cognitive, socio-emozionali e multisensoriali. Durante la crescita dell’individuo, continua a influenzare lo sviluppo del cervello, le abilità, la creatività e l’autostima, favorendo inoltre l’interazione con il mondo esterno e fornendo tutta una serie di abilità che agevolano l’espressione di sé e la comunicazione. La “vocazione creativa” del nostro Paese rappresenta una ricca opportunità per rinforzare l’integrazione del percorso educativo e formativo con componenti artistiche. Quale momento migliore per riconsiderare il ruolo delle arti all’interno dei percorsi educativi e formativi dei bambini? L’obiettivo che dovremmo porci è quello di rendere reversibile la povertà educativa emergente proprio attraverso l’arte, la musica e il teatro, la meditazione, permettendo ai ragazzi di conoscersi, rafforzarsi emotivamente e aumentare l’attitudine ad essere resilienti. Dobbiamo utilizzare tutto ciò che ci è di più prezioso per aiutare i bambini e ragazzi a superare i livelli di competenza minima, favorendo in loro un apprendimento permanente e un ruolo consapevole e attivo nella comunità, che li porterà, successivamente alla loro realizzazione personale e professionale e allo sviluppo di una comunità sana e consapevole.
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