Croquembouche, basta la parola! Il dolce che fa croc in bocca
– La cucina francese, con la sua lunga tradizione storica, ha influenzato il modo di concepire i pasti in tutto il mondo. La terminologia utilizzata in cucina oggi comprende molti termini di origine francese. Nel Medioevo, nella cucina italiana, alcune nomenclature francesi come “moustarde” e “bouillon” compaiono ma storpiate. Cosi “moustarde” diventa “mostarda” e “bouillon” diventa “brodo”. Durante il Rinascimento, la cultura italiana e quella francese iniziano ad influenzarsi a vicenda e la creatività dei cuochi francesi inizia ad essere ben nota qui da noi. Ma è verso la fine degli anni ‘70, con la nascita della Nouvelle Cuisine che il vocabolario gastronomico francese entra a far parte delle cucine, sia in quelle dei ristoranti sia in quelle domestiche. Infatti, quotidianamente utilizziamo termini francesi, senza neanche accorgercene.
La parola di questo mese è croquembouche, tipico dolce francese formato da una montagna di bignè (Enciclopedia Treccani: dal francese beignet, derivato di beigne ossia “frittella”), la cui altezza può variare dai 20 cm a 1 m. Da un punto di vista diacronico, le origini risalgono al sinonimo pièce montée, dolce francese servito durante il ricevimento di nozze, al momento del dessert, dalla forma architettonica piramidale tale da renderla maestosa e imponente; la pièce montée rappresenta una vera e propria opera d’arte, frutto della creatività e del savoir-faire del pasticcere che l’ha realizzata. É un dolce composto da pasta choux riempiti con panna, crema pasticcera o crema chantilly. Per tenere insieme la montagna di bignè si utilizza del caramello caldo come “collante” che indurendosi tiene insieme l’intera struttura.
Le origini di questo dolce risalgono all’antica Grecia. All’epoca, in Grecia, le torte erano molto semplici, erano fatte di grano, orzo (antichi simboli di prosperità) e sale. Ogni ospite doveva spezzare un pezzo di pane sulla testa degli sposi per garantire la loro fertilità e felicità. Successivamente, durante il Medioevo, il pane fu sostituito da panini dolci, serviti in tutte le grandi manifestazioni. Proprio in una di queste manifestazioni gli ospiti realizzarono una torre con questi panini. La leggenda narra che più alta era la torre, più felice sarebbe stato il loro matrimonio. Una volta poi terminata la torre, gli sposi dovevano baciarsi senza distruggerla. Il successo era quindi garanzia di salute e felicità eterna.
Un’altra versione delle pièces montées apparve nel XIX secolo in Francia, durante il quale lo scrittore e chef francese Marie Antoine Carême Arfäně creò una piramide di frutta e caramello che chiamò Croque-en-Bouche e che lui dedicò al principe Berthier. A partire dal XIX secolo, l’ortografia cambia da croque-en-bouche a croquembouche ma si è scoperto che, in alcuni scritti, è utilizzato il termine croquenbouche. Di grande importanza i due trattati di Carême: Le Pâtissier parisien (1810) e Le Pâtissier pittoresque (1815) che si ispirano alle collezioni di modelli architettonici di grandi giardini paesaggistici di moda all’epoca. Qualche anno dopo, sarà Pierre Lacam, il pasticcere del Principe di Monaco, ad imporre le croquembouche come torta nuziale perfetta. Ispirandosi al croquembouche di Carême, il pasticciere Lacam crea piramidi coniche sostituendo il gelato alla frutta con gli choux ripieni di crema mousseline alla vaniglia ma mantenendo il caramello necessario per contenere le sue incredibili strutture.
Da un punto di vista linguistico, il termine croquembouche deriva dal francese croquer ossia sgranocchiare. Infatti, la caratteristica del croquembouche è che al palato risulta prima croccante e successivamente morbido. Infatti in lingua francese l’espressione croque en bouche può essere tradotta come “croccante in bocca”.
Il termine fa parte della famiglia dei “cro” ed è proprio da qui che, nel XXI secolo, il noto scrittore e illustratore lionese, Michel Gay, parte per creare, nei suoi libri per bambini, i personaggi Cropetite e Cromignon che egli stesso definiva craquants ossia irresistibili, adorabili. Ovviamente, pensiamo necessariamente al terribile Cro-Magnon, antica forma di homo-sapiens ascrivibile a popolazioni umane moderne, largamente diffusa nel paleolitico superiore in Europa, Asia, Nordafrica e Nord America. Ma da dove viene l’espressione: “l’homme de Cromagnon?” L’Homo sapiens si identifica in Europa con l’uomo Cro-Magnon (Cro-Magnon : località della Francia sud-occidentale, nel dipartimento della Dordogne, dove, Lartet, nel 1868, ritrovò le sue ossa nonchè cinque scheletri ben conservati). Il successo della formula “l’homme de Cromagnon” ossia “l’uomo di Cro-Magnon”, può essere dovuto anche alla morfologia della parola che foneticamente è simile a molte parole francesi che cominciano per cro e che derivano dal verbo croquer. E il termine croquer? Da dove viene? Cric, crac, croc, sono onomatopee, dette anche fonosimboli, che riproducono o evocano un suono particolare, in questo caso quello riprodotto con i denti; da qui il verbo croquer ossia sgranocchiare. Da un punto di vista diacronico, per quanto concerne l’accoglienza del termine nelle risorse lessicografiche, secondo il Dizionario CNRTL (Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales) messo on line dal ATILF (Analyse et Traitement Informatique de la langue française) il verbo croqueter, frequentativo di croquer, compare negli Atti degli apostoli, Vol. I, edizione del 1537. Lo stesso termine “croccante”, secondo l’Enciclopedia italiana Treccani deriva dal francese croquant, part. pres. di croquer «scricchiolare»: – 1. agg. Che scricchiola, che crocchia quando si spezza o taglia o frantuma; in partic., di cibo secco o cotto che, morso, scricchiola sotto i denti: biscotti c.; pane croccante; 2. sost. m.: Tipo di dolce fatto con zucchero caramellato e mandorle tostate. Mentre il neologismo “croccantino”, diminutivo dell’aggettivo “croccante” entra nell’Enciclopedia Treccani nel 2016. Nonostante l’uso frequente nella lingua italiana della parola croquembouche, il termine risulta lemmatizzato in pochissimi dizionari italiani. Che dire, viva gli sposi!
* Dottorato in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche. Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
About author
You might also like
Teatro Elicantropo, in scena Riccardo III – Suite d’un mariage
-Sarà in scena giovedì 17 febbraio 2022 alle 21.00 (repliche fino a domenica 20), al Teatro Elicantropo di Napoli, Riccardo III – Suite d’un mariage scritto e diretto da Auretta Sterrantino, con Michele Carvello
Confindustria, Guttoriello presidente gruppo giovani Ance
-Eletto all’unanimità nel corso dell’assemblea generale degli iscritti, resterà in carica per il triennio 2023-2026. Paolo Guttoriello, nasce a Teano nel 1988. Consegue il diploma di Geometra nel 2007 e
Siamo il Piccolo, ma cresceremo. Anzi, siamo già cresciuti!
(Beatrice Crisci) – Sarà pure la diciassettesima ma nasce proprio sotto una buona stella. La stagione 2016/17 del Piccolo Teatro CTS di Caserta è ricca di appuntamenti, alcuni anche di