Fiume Sarno. Una bellezza sfigurata
(Mario Caldara) – Qualsiasi tipo di paesaggio naturale dovrebbe appartenere di diritto al gruppo delle bellezze di questo pianeta. Alzi la mano chi non si è mai fermato anche solo un minuto a osservare incantato la corrente limpida di un fiume o a farsi avvolgere da quel senso di rilassatezza che la quiete di un lago sa trasferire. Perché è questo che la natura, estremamente connessa con l’uomo, dovrebbe fare. Meravigliare, avvolgere, incantare. È d’obbligo, però, utilizzare il condizionale in alcuni casi. A volte la natura può essere uno spettacolo deplorevole. A volte, l’uomo ignora il fatto che egli vive solo per il semplice e inopinabile fatto che la natura esiste. Il concetto è di facile comprendonio: se la natura non sta bene, l’uomo ne paga le conseguenze. Questo è un fatto. Eppure, come detto, un fatto non chiaro a tutti. In merito al Sarno, c’è una situazione ambigua. Ciò che dovrebbe destare scalpore è divenuta normalità, quotidianità. L’inquinamento del fiume non fa più notizia. La condizione pietosa in cui è, gli fa meritare il “prestigioso premio” di uno dei corsi d’acqua più inquinati d’Europa, ma la situazione non migliora, ci si limita a conviverci. Non si può che provare amarezza di fronte a un enorme peccato terrestre. Un fiume non è “solo” un corso d’acqua. È vita. E se si vuole considerarlo in termini meno “romantici” e più in termini di business, è senz’altro una potenziale attrazione turistica. È notizia di settimane fa che una donna si fosse tuffata nel fiume per rinfrescarsi e contrastare l’afa asfissiante. Ella suscitò molte preoccupazioni, poiché in quelle acque si rischia seriamente di contrarre malattie. E di storie così, negli anni, se ne sono sentite parecchie: persone che finivano nel Sarno accidentalmente che, una volta uscite, hanno dovuto affrontare seri problemi di salute. Ciononostante, nelle ultime decadi, si è pensato bene di continuare a trattare il Sarno come fosse un canale di scarico. Cosa che non deve importare granché neanche a chi è nella posizione di poter agire attivamente per il benessere del fiume, cioè a coloro incaricati di porre in essere le opere necessarie per il suo recupero. Si parla di sprechi di milioni di euro, durante questi anni, per il semplice fatto che le opere di recupero non sono mai state terminate, soggette a continui rinvii e, poi, misteriosamente bloccate, rendendo così gli obiettivi da raggiungere dei miraggi. Il tutto non fa che attirare “ulteriori simpatie” dell’Unione Europea, che per l’ambiente ha sempre alzato la voce con multe salate, essendo la politica ambientale oggetto di particolare attenzione. L’Italia, al contrario, si è sempre dimostrata una studentessa svogliata. Non si è mai applicata seriamente, accumulando ritardi, causando danni ambientali (la “terra dei fuochi”, mare inquinato, giusto per citare due casi) e sprecando soldi che, quando sono messi a disposizione per la realizzazione di opere, che si tratti del fiume Sarno o anche della semplice costruzione di un ponte, improvvisamente scompaiono o non bastano più. È inutile girarci intorno. La storia sarà sempre la stessa se rimarrà una profonda disorganizzazione in seno agli organi addetti e, soprattutto, la voglia incontrollata di riempirsi le tasche a discapito della natura. L’ambiente sta soffocando e con esso gli abitanti, che, come nel caso del Sarno, ne risentono negativamente, con il pericolo malattie dietro l’angolo. Intanto questo fiume nasce limpido, puro, bello. Muore grigio, putrido e umiliato. Una bellezza imbruttita.
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