Forestart ripopola il borgo di Tora Piccilli, 22 artisti in mostra

Forestart ripopola il borgo di Tora Piccilli, 22 artisti in mostra

-Foresta Arte Contemporanea, un progetto di PrimoPiano, presenta la prima edizione espositiva nel Borgo Culturale di Foresta – Tora e Piccilli (Caserta) –  in collaborazione con Magazzini Fotografici e KROMÌA, sotto il Matronato della Fondazione Donnaregina per la arti contemporanee.

L’idea progettuale è, con netta evidenza, dichiarata nel giocoso incrocio di parole che interseca il nome del luogo con il verbo inglese restart (ricominciare) che a sua volta include la parola art

Rimettere in movimento, ripristinare un sentiero interrotto dall’infausto spopolamento dovuto alle migrazioni per cause economiche che hanno prodotto un dimezzamento della popolazione dal 1961 al 2001 e una progressiva lenta diminuzione dei residenti negli anni successivi. 

Saltando a piè pari tutta l’infruttuosa retorica degli annunci di politiche nazionali che dichiarano di volere sostenere la ripartenza dei  territori definiti interni ma che, nei fatti, li fanno risucchiare dalle sabbie mobili della burocrazia e dall’assenza di una concreta volontà d’azione, l’associazione culturale PrimoPiano, unitamente a un gruppo di altri cittadini italiani e stranieri, ha deciso di raccogliere la sfida e di attivare un processo virtuoso di ripopolamento reale e operare una connessione, non virtuale, con quanto viene definito centro esaltando la straordinaria potenzialità di questa area della regione campana.

Questa nuova ulteriore fase di costruzione del Borgo Culturale di Foresta vede protagoniste tre realtà consolidate del mondo della cultura dell’arte contemporanea con un focus sulla fotografia: Magazzini Fotografici, PrimoPiano, Kromìa.

Il progetto sarà di variegata natura con un’autonoma cura delle tre organizzazioni coordinate da PrimoPiano. Le sedi espositive saranno antiche abitazioni, rurali e signorili, del borgo di Foresta al momento disabitate ma tutte recentemente acquistate da nuovi forestani con il precipuo intento di rigenerare il piccolissimo e storico centro a tutti noto per il sito paleontologico delle Ciampate del diavolo. 

La bizzarra definizione che si dà a Comuni come quello di Tora e Piccilli – Foresta ne è una sua frazione –  è “comune sparso”. In cartografia questo termine indica un comune che non ha un centro definito. Nella sua accezione propria l’aggettivo dà il senso di collocato qua e là, non riunito, disseminato, nella nostra intenzione trasformeremo questo disordinato disposto in un combinato disposto che riporta alla luce i tesori e le storie di case disabitate che ora, nella non più indefinita sospensione, saranno, prima di ogni altra cosa o persona, abitate dall’arte. 

In mostra opere fotografiche di:

Angela Maria Antuono, fotografa che vive e opera a Caianello. Nel 1999 con il portfolio La Famiglia produce, come scrive Paglionico, un documento storico di profondo spessore, velato dal languore del passato e dall’ironia della cultura meridionale. Nel 2003 vince il Premio Giacomelli, Agenzia Grazia Neri con il portfolio Farfanella e nel 2019 il Premio Internazionale di Fotografia Scanno. Con il progetto I Carbonai l’autrice espone un documento di rilevanza storica e antropologica di quel mondo antico fermato dallo sguardo e dallo scatto di un’artista che punta il suo occhio ‘ventre a terra’. 

Giampiero Assumma (Napoli, 1969). Negli anni si è dedicato a numerosi progetti personali, legati o riconducibili alla relazione tra l’uomo e i suoi mondi, di cui esplora limiti e confini. La sua visione fotografica esplora e attraversa generi diversi, dalla street photography al cinema, dal paesaggio alla fotografia sperimentale. Il carattere esistenzialista delle sue immagini si rivela nella ricerca dei simboli, nella sacralità di gesti e riti, nell’attenzione al linguaggio della luce. La serie fotografica In your hands si compone di molte vite e tanti esseri, ciascuno ritratto nelle sue mani. Pure, sofferte, enigmatiche, accoglienti, respingenti, suadenti. Quasi memorie da altre esistenze, mille episodi si compongono in un’unica entità, in una saṃsāra circolare di rinascita e morte. Vive e lavora a Mosca. 

Pasquale Autiero (Napoli, 1983). Dopo diverse esperienze in Italia e all’estero nascono le sue prime serie fotografiche, Asylum e Canto Notturno, premiate ai Festival di fotografia, di Corigliano Calabro nel 2013 e di Castelnuovo di Porto nel 2014. Dal 2013 partecipa al Darkroom Project di Luciano Corvaglia. Le sue immagini sono rapide e folgoranti, con un ritmo interno sorprendente che ci appare, senza soluzione di continuità, in un unico flusso di pensiero. Lasciare libero il passo, anche di notte è un’avventura anarchica nella quale l’autore traduce in fotografie visioni di un teatro dell’assurdo animato da ancestrali rimandi. 

Roberta Basile nel 2008 studia da autodidatta le prime nozioni della fotografia con un percorso che la porta ad essere fotogiornalista presso l’Agenzia Kontrolab.  Fotogiornalista è per certo, nel midollo, per il suo non risparmiarsi, abbandonandosi al vortice che la risucchia all’interno della situazione. E di movimenti a vortice, dall’alto, quasi mulinelli visivi di teste o braccia che dirigono veloci verso il focus dell’immagine, ve ne sono molti, nelle sue visioni. Così come di tagli accelerati, quasi chirurgia d’emergenza di diagonali anelanti di arrivare dritte al punto. In mostra opere di Votum Fecit gratiam accepit e Noi vivi.

Paolo Covino (Pietrelcina, 1983). Studia la fotografia da autodidatta. Il rapporto con il proprio territorio, l’entroterra campano, è fondamentale per la propria crescita formativa. 

In Altari l’universo simbolico rappresentato dai “letti/altari” affonda le radici nella percezione dell’abbandono di un territorio, il Sannio, e della cultura contadina, nella comprensione dolorosa dell’oblio a cui sono destinate le consuetudini ancestrali e primigenie dei luoghi di provenienza dell’autore, sostituite da  tendenze di rifiuto e abbandono. Da questa emorragia sociale, culturale e storica, si sviluppa la ripresa fotografica delle camere da letto, intese come luoghi di culto di un passato in disfacimento.

Cristina Cusani (Napoli, 1984) Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione si dedica allo studuio della fotografia al London College of Communication e poi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nella sua ricerca artistica l’autrice utilizza le esperienze quotidiane come punto di partenza per analizzare l’umanità.

L’artista presenta una selezione di opere della serie Ritorni, un lavoro sul passaggio. Ricerca iniziata nel 2012 mentre lavorava per un’agenzia immobiliare, fotografando le case nel momento di passaggio tra un inquilino e un altro. il vuoto lasciato e i segni del passaggio sono sempre gli stessi sebbene raccontino storie diverse. 

Rosa De Lucia (Campania, 1979) fotografa e laureata in ingegneria. Il suo percorso formativo è costellato dalla presenza del vero naturale, di visioni improvvise che le impongono uno sguardo lento. Kairos è  racconto del tempo fermo in cui qualcosa sta per accadere, il tempo dell’occasione, del ritorno. Racconto di una piccola dimora di campagna sul Vesuvio che vive del passaggio di chi lo ha vissuto, in un tempo sospeso e denso per accogliere quel che accadrà. Kairos raccoglie il passaggio umano e lo fa cristallizzando oggetti, fermandoli su pellicola, sottolineando l’imperfezione di ciascuna esistenza, sia pure nell’assenza di figure umane, che tuttavia si manifestano in una storia comune. 

Yvonne De Rosa (Napoli, 1975) Fotografa e fondatrice di Magazzini Fotografici, si laurea in Scienze Politiche alla Federico II, Napoli per poi trasferirsi a Londra dove studia fotografia alla Central Saint Martins conseguendo un PG in Photography. Nel 2004 fonda insieme ad altri colleghi il collettivo 24 con mostre in spazi londinesi. Crazy God, Wish List, Albania available for rent sono alcuni dei suoi lavori esposti e pubblicati da Damiani editore. Di recente produzione il polittico Inquisita che trae ispirazione da Artemisia Gentileschi. 

Correspondence è una narrazione per immagini, una rielaborazione fotografica di fatti di cronaca realmente accaduti, legati a un passato lontano o recente. Racconta la storia di un ritrovato carteggio amoroso del 1904, un caso d’amore ossessivo ed estremo che termina col suicidio.

 Shelbie Dimond (Michigan, USA 1992). L’autrice nasce in una famiglia di terza generazione di Testimoni di Geova in un paesino rurale del Michigan. All’età di 15 anni si ribella alla famiglia e alla setta religiosa e si assenta da scuola per fotografare quello che la circonda fino a quando non decide di puntare l’obiettivo su sé stessa. “L’autoritratto è diventato la mia via di fuga, il mio modo di comunicare con il mondo. Allora non avevo ancora trovato la mia voce, o meglio mi era stata tolta, ma è stato l’inizio di tutto per la mia vita così come la conosco.” Concentrandosi sul potere dell’autoritratto e della forma femminile, le sue foto rivelano una profonda sincerità e connessione con il processo fotografico stesso.

Alessandro Gattuso (Vico Equense, 1989). Regista e fotografo. Laureato in Cinema all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Ha all’attivo due cortometraggi Por cuestion di corazon e Antonio degli scogli. La sua ricerca personale è incentrata su tematiche che riguardano la cultura queer. Nelle opere del progetto Cosmi il corpo è la superficie che funge da cerniera tra interno ed esterno. Egli ne sottolinea la capacità di farsi territorio liminale tra percezione individuale e sociale, tra rappresentazione e autorappresentazione. I giovani soggetti ingaggiano una relazione con chi li osserva, in primo luogo il fotografo, ma in generale noi tutti che ci sentiamo chiamati in causa da questi sguardi, quasi sfidati a prendere atto di una nudità che non è solo fisica. 

Valeria Laureano (Napoli, 1989). La sua formazione, dopo una laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere, si perfeziona nel campo fotografico presso la Scuola Romana di Fotografia.  

Nel progetto Amalìa emerge un intrinseco dualismo tra la circoscrizione di un fenomeno e il fascino dato dall’impossibilità di comprenderlo fino in fondo, assunto che vale per la mente umana, così come per la stessa figura femminile, chiamata a incarnare tanti ruoli diversi – da angelo del focolare a diavolo seduttore – e pertanto difficilmente imbrigliabile in una definizione univoca. Il filo del racconto si perde in possibili microstorie che hanno come denominatore comune l’invito a lasciarsi ammaliare, sedurre, stregare, in una contrazione continua tra l’attraente e il respingente.

Adolfo Panarello (Vairano, 1964). Paleoicnologo, fotografo, pittore. Laureato in Materie Letterarie, ha svolto ricerche di paleoicnologia degli ominidi. Ha un profondo, intimo rapporto con la fotografia e questa necessità di fermare le impronte del tempo è perfettamente in linea con la natura stessa della sua ricerca scientifica sulle impronte umane e animali rilevate e salvate il più delle volte dalla casualità degli eventi. I suoi progetti fotografici Shooting the soul, TTL through the lenses, l’Altro l’autore li definisce ‘deliri coscienti’, una dimensione dalla quale non vuole e non può uscire. Il progetto Rondini è la percezione lirica di questi uccelli. La rondine è l’emblema della migrazione e del ritorno, del viaggio e del legame al nido di chi l’ha generata: una storia di famiglia. 

Massimo Pastore (Napoli, 1971). Inizia il suo rapporto con la fotografia partendo dalle tecniche di stampa del bianco e nero e con la decisione di utilizzare la fotografia quale suo medium espressivo. Dopo i progetti Monòlithos, Bianco-Cold Landscapes, in As you like it l’artista indaga la seduzione della libertà di essere protagonisti e co-autori di un itinerario creativo sovvertendo la relazione tra fotografo e soggetto. Nel 2019 crea il logo/manifesto Santi Migranti realizzando opere collocate in numerose città italiane ed europee, contro le politiche anti migranti. Su Santi Migranti il prof. Course dell’Università di Edimburgo ha realizzato un documentario presentato ad Artecinema nel 2022. Are you here? è un viaggio intimo (2015-2020) sul sentiero degli insegnamenti buddhisti tra Giappone, Francia e Italia. Un taccuino spirituale e processo di consapevolezza esistenziale.

Carlo Rainone (Sarno, 1989). Fotografo e documentarista che lavora su storie a medio-lungo termine che esplorano il senso di identità e di appartenenza culturale. 

Nella serie Bocciatori, il fotografo tira fuori tutta la magia di questo mondo, un mondo in cui il confine tra il professionismo e il circoletto di paese, tra l’agonismo e la merenda in compagnia o il bicchiere di vino tutti assieme dopo la partita è assai labile. «Uno sport così preciso, affidato a sfere che si raggruppano attorno a una sfera più piccola, oppure ne colpiscono altre nella maniera balisticamente più esatta che ci sia, si sfrangia, si orpella, si imbelletta, si corrompe di cose varie, irregolari. E modi e metodi di giocare fanno sì che ognuno, nel suo intimo, possa sentirsi, per un “colpo” riuscito, in quel preciso momento, il migliore del mondo. 

Ilaria Sagaria (Palomonte, Salerno 1989). Fotografa, artista visiva e docente di grafica e fotografia.                         In Piena di grazia la carne nella sua accezione più terrena si fa protagonista nelle sue fotografie. Ripiegata, straziata, cruda diviene specchio di una trasfigurazione dove l’elemento del sacro è riportato a una visione sensorialmente terrena. Condannato alla grazia, emblema dell’inconciliabilità tra la visione idealizzata e quella reale, il corpo femminile mostra in queste immagini il suo dualismo tra estasi e tormento. La ricerca di precisi effetti chiaroscurali suggerisce un esito quasi pittorico, coadiuvato dalla presenza di dettagli e simboli che attraversano la storia dell’arte, dal melograno, simbolo di fertilità, alle foglie larghe che alludono al pudore con il quale i progenitori si coprono dopo la cacciata dal Paradiso terrestre. 

Anna Santonicola (Nocera Inferiore, 1963). Fotografa e videomaker. Fin da giovanissima muove i passi nel mondo della fotografia specializzandosi nello Still life, in campagne di comunicazione e catalogazione dei beni culturali. Santonicola è un punto di riferimento nella stampa fotografica analogica. Tra i progetti esposti è da citare la personale del 2019 presso la Galleria PrimoPiano Merce non conforme. 

Io li ho visti muove dal ricordo, dal gioco, dalla magia di cose che si trasformano da inanimate a intimamente animate. L’autrice scrive: “Non ricordo bene chi, una sera di tanti anni fa a casa mia mi disse: ‘Guarda bene!’. Ero piccola, non arrivavo al tavolo, ma li ho visti. Ho visto gli amanti e non li ho mai scordati.”

Andrea Sodano, nato a Napoli è un atleta in arrampicata sportiva e studente in fisica. Spinto dalla fame di conoscenza e di scoperta, il viaggio diventa in breve tempo il centro della sua vita, attraverso il quale imbraccia – in primo luogo – una fotocamera nel 2017, provando a catturare la sua più intima percezione della realtà in uno scatto. In A study on proprotion è presente una profonda componente emotiva che influenza il risultato del lavoro in base alla sua percezione del mondo e del contesto. Il suo progetto presenta una peculiare attenzione alla ricerca di prospettive che ritraggono soggetti umani e non umani congiunti dallo scenario, generando un senso di organicità che tende a confondere volontariamente lo spettatore. 

Antonio Strafella (Galatina, 1982). Fotografo specializzato in Still life. Le sue opere nascono da un’indagine maniacale sui soggetti rappresentati e sul loro rapporto con la luce. L’autore centra la sua ricerca artistica sulle icone cristiane, analizzandone le diverse sfaccettature e lo smarrimento del loro significato nei contesti di merchandising spirituale. In Cut-e animals l’artista rileva il paradosso di coloro che, pur acquistando pezzi di carne in macelleria, trovano insostenibile la vista delle teste degli animali nel banco frigo; un ‘esperimento’ che ci interroga sul rapporto tra presentazione e lettura di un’immagine scaturito da un’osservazione casuale. 

Margherita Verdi fotografa fiorentina e direttrice, per oltre vent’anni della Fondazione Studio Marangoni di Firenze. Il tema del frammento emerge come uno dei caratteri ricorrenti nella poetica della fotografa fiorentina attraverso le svariate forme del dettaglio, della sagoma, della sfocatura, della distorsione ottica, degli effetti zoom e del mosso: si tratta di modalità di riduzione, specificazione e quindi, per contrappasso, di apertura verso scenari immaginifici ampi e inattesi; in una parola: critici. Nelle intense e drammatiche immagini di Zoon, realizzate tra il 1996 e il 2001, i volti di animali in gabbia emergono in un desolante effetto radiale che rimarca il desiderio di evasione.

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