Gender fluid e identità, ognuno è prezioso per la sua unicità

Gender fluid e identità, ognuno è prezioso per la sua unicità

Armando Rispoli (psicologo e psicoterapeuta)

– Rosa o azzurro, maschio o femmina: quando un individuo nasce, gli viene subito assegnato un sesso in base agli organi genitali con cui viene al mondo. Si stabilisce immediatamente se diventerà un uomo o una donna, quali comportamenti dovrà avere, quali vestiti dovrà indossare, a quali categorie sociali apparterrà. E se invece non si sentisse giusto? Se con i panni che gli vengono consegnati non si sentisse adatto? Se non si riconoscesse in una prestabilita identità? Non è necessariamente una questione di transessualità: può trattarsi semplicemente di gender fluid. Sesso e genere sono due termini che, nel linguaggio comune, potrebbero sembrare  intercambiabili, eppure c’è una sostanziale differenza. Il termine “sesso” include le caratteristiche strutturali, fisiologiche e funzionali degli individui determinate dai cromosomi sessuali, sottintendendo dunque una divisione dicotomico-organica del tipo maschio/femmina; “genere” viene invece a riferirsi al modo in cui una persona può auto-rappresentarsi ossia la percezione che ciascuno ha di sé in quanto maschio o femmina (cioè l’identità di genere), ma anche il sistema socialmente costruito intorno a quelle stesse identità (cioè il ruolo di genere). Un’altra cosa ancora è l’orientamento sessuale, cioè il tipo di persone da cui una certa persona è sessualmente attratta. In realtà oggi le cose sono molto più complicate e dunque, man mano che aumenta la percezione di libertà d’espressione e che ci allontaniamo dai dogmi imposti dalla società e dalle religioni,  il sistema classificatorio  tradizionale di sesso-genere-orientamento sessuale diventa insufficiente e contraddittorio nel definire la complessa realtà di ogni singolo individuo. I ragazzi e le ragazze che si definiscono gender fluid non vogliono essere etichettati in funzione di nessuno schema sessuale, vorrebbero vivere in libertà la propria identità sessuale, senza costrizioni e castrazioni. Come ci sono molte sfumature diverse dell’essere maschi o femmine dal punto di vista biologico, così esistono sfumature anche quando si parla di orientamento sessuale: per esempio, ci sono le persone bisessuali e quelle asessuali, che non provano attrazione sessuale per altri individui pur essendo capaci di innamorarsi e avere delle relazioni. Ci sono anche donne che hanno una relazione con donne transgender non operate e che con le loro compagne hanno rapporti sessuali che prevedono la penetrazione: i termini “lesbica” ed “eterosessuale” sembrano entrambi imperfetti per descrivere l’orientamento sessuale di queste persone. Per quanto riguarda l’identità di genere le cose sono ancora più complicate visto che il genere non c’entra con l’anatomia. Uno dei mantra più comuni della comunità LGBT (sigla che rappresenta le persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali)  è che «il genere è uno spettro», cioè che non esistono solo un genere femminile e un genere maschile, ma uno spettro continuo di generi tra questi due estremi. Non c’è una posizione definita su questo tema da parte della comunità scientifica internazionale, ma la visione dello spettro del genere è sicuramente utile per descrivere le diverse esperienze di moltissime persone che non si riconoscono nell’identità di genere “assegnatagli” alla nascita insieme al sesso anatomico. In ambito psichiatrico si è detto per molto tempo che le persone che si identificano in un genere diverso da quello corrispondente al sesso assegnato loro alla nascita soffrissero del “disturbo dell’identità di genere” e che questo fosse un disturbo mentale. Fortunatamente il  Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association (in gergo ci si riferisce con la sigla DSM), ha da poco smesso di considerare il “disturbo dell’identità di genere” tra questi. Non usa nemmeno più questo termine: si parla di disforia di genere e quest’espressione si usa solo per indicare il disagio sperimentato da alcune persone che non si riconoscono nel sesso dei loro organi genitali. Una delle ragioni per cui si è passati dall’espressione “disturbo dell’identità di genere” a “disforia di genere” è che non si vuole stigmatizzare le persone con disforia e allo stesso tempo si vuole garantire loro l’accesso a cure psichiatriche, ormonali e chirurgiche che possono essere richieste nelle loro situazioni. E’ arrivata l’ora di comprendere che il modello di società tradizionale è profondamente mutato. Ci sono stati eventi storici che hanno imposto cambiamenti radicali: il divorzio, il femminismo, le modern family, i metrosexual, il gaypride, LGBT che, nel complesso rappresentano l’affermazione della diversità come principio di valore.  In Italia la discussione sulle varie definizioni delle diverse identità di genere è molto più recente rispetto ad altri paesi, in particolare quelli anglosassoni. Per questo molti termini che si usano in quest’ambito sono in inglese: cisgender, transgender, transessuale, genere non binario, genderqueer, genderfluid, agender, intersessuale e le persone che li usano indicano cose diverse e con confini sempre più aperti tanto da trasformare la sigla LGBT in LGBTQI per includere tutte le variabili di idenità. È evidente che il discorso sul genere sia una questione ancora aperta, sebbene siano molti ancora a storcere il naso e a non desiderare di aprire un dialogo. L’importante invece è che se ne parli soprattutto con i più giovani, che ci si avvicini per familiarizzare, conoscere il punto di vista dell’altro e accettarlo come si accetta il proprio. Sono queste urgenti e dirompenti espressioni sociali di libertà a far sperare in una società priva di pregiudizi e che non generi forme di esclusione e di discriminazione. E’ arrivato il tempo di adottare una mentalità più fluida che ci permetta di sentire preziosa ogni persona nella propria unicità.

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Maria Beatrice Crisci
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Mi occupo di comunicazione, uffici stampa e pubbliche relazioni, in particolare per i rapporti con le testate giornalistiche (carta stampata, tv, radio e web).Sono giornalista professionista, responsabile della comunicazione per l'Ordine dei Commercialisti e l'Ordine dei Medici di Caserta. Collaboratrice de Il Mattino. Ho seguito come addetto stampa numerose manifestazioni e rassegne di livello nazionale e territoriale. Inoltre, mi piace sottolineare la mia esperienza, più che ventennale, nel mondo dell'informazione televisiva, come responsabile della redazione giornalistica di TelePrima, speaker e autrice di diversi programmi. Grazie al lavoro televisivo ho acquisito anche esperienza nelle tecniche di ripresa e di montaggio video, che mi hanno permesso di realizzare servizi, videoclip e spot pubblicitari visibili sulla mia pagina youtube. Come art promoter seguo alcune gallerie d'arte e collaboro con alcuni istituti scolastici in qualità di esperta esterna per i Laboratori di giornalismo. Nel 2009 ho vinto il premio giornalistico Città di Salerno.

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