Giornata del Contemporaneo, quale sarà mai l’arte post-covid?
-Tutto chiuso e fermo, per il momento. Sono questi i due sostantivi che con determinazione hanno definito gli attuali processi culturali ed artistici mondiali; entrambe termini che sono stati adottati per far fronte, in maniera indispensabile, alla diffusione del Covid-19 e quindi atti a garantire una maggiore sicurezza sanitaria. La sostanza, garantita attraverso apposite norme, delle condizioni di arresto summenzionate ha comportato, sia a livello nazionale che internazionale, la chiusura dei musei, così come delle biblioteche, degli archivi, e, infine, degli spazi deputati all’esposizione di opere d’arte contemporanea. Soprattutto in quest’ultimo ambito, il tracollo è stato, fino ad ora, più evidente, tanto da aver creato non pochi problemi anche in termini economici, considerato che, da marzo scorso, sono venuti meno tutti i parametri che reggevano il mercato dell’arte moderna e i rapporti che generalmente insistono tra gallerista, artista e collezionista. Ad avvertire questa crisi sono stati specialmente gli autori più giovani, poiché per i grandi nomi o quanto meno per quelli già storicizzati qualcosa, seppur poco, si è mosso almeno a livello virtuale.
I tempi sono ormai maturi per poter spendere qualche profonda riflessione sul destino delle arti contemporanee e sulla loro sopravvivenza post-covid; una valutazione, che non a caso, emerge nella Giornata del Contemporaneo, giunta, ormai, alla sua sedicesima edizione.
Considerate le distanze adottate per evitare ogni forma di contagio del “coronavirus”, allo stato attuale, l’unico contatto che si riesce a stabilire con qualsiasi artista e la sua produzione sta avvenendo quasi esclusivamente attraverso la rete internet, consultando siti specifici o dedicati, ma, soprattutto, andando a navigare, in modalità random, sui social network più di moda: Facebook, Intstangram e, in qualche caso, Tik Tok. Queste apposte pagine virtuali sono diventate delle vere e proprie agenzie di socializzazione alla pari, la cui forma di comunicazione è implicita, indiretta e generalizzata; tutti questi aspetti riguardano, ora, anche le arti contemporanee. Difatti, la loro fruizione sta diventando sempre più effimera, poiché venendo meno il contatto diretto con ogni loro peculiarità formale e, ancora, non essendoci alcun tipo di scambio culturale con i loro artefici, sta, di conseguenza, mutando il rapporto che, in generale, esiste tra lo spettatore, il territorio e i ovviamente i linguaggi visivi d’avanguardia.
Pronosticare il futuro delle arti certamente non è un fatto semplice da compiere, ma, se è vero che ogni opera è frutto di una speciale alchimia e, soprattutto, di una mai sopita ed individuale kunstwollen, non è da escludere l’ipotesi che le arti post-covid potranno essere caratterizzate da un sentito ritorno alla tradizione, magari ripescata attraverso il recupero della matrice primigenia in delle istanze estetiche e culturali che, verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso, vennero promosse in seno al movimento della Transavanguardia di Achille Bonito Oliva.
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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