I Borbone e il presepio alla napolitana, il più grande a Caserta
– Ancora prima di arrivare a Napoli, nel 1734, Carlo di Borbone aveva contezza della locale tradizione presepiale, in quanto, sin da ragazzino, aveva avuto modo di vedere la ricca collezione di pastori messa su dal padre Filippo V, re di Spagna. Quest’ultimo, nella residenza del Buen Retiro, a Madrid, era solito far allestire, ogni anno, un grande presepe con pezzi provenienti proprio dalla città partenopea, già capitale vicereale. Presso la corte spagnola, l’usanza di preparare il “presepio alla napolitana”, durante le festività natalizie venne mantenuta anche in seguito, sia dopo il ritorno di Carlo, nel 1759, sia con i suoi discendenti.
Da alcuni documenti, è noto che, già nel 1760, lo stesso Carlo di Borbone fece arrivare da Napoli alcuni pastori, già facenti parte della sua personale raccolta, e delle scenografie dipinte dal pittore Nicola Maria Rossi. Anche l’erede al trono madrileno, Carlo IV, mantenne viva questa consuetudine, affidando numerosi incarichi all’artista Francesco Celebrano per la realizzazione di pastori e di apposite scenografie. Le ultime statuine napoletane che giunsero nella penisola iberica vennero, invece, commissionate da Maria Cristina di Borbone, moglie di Ferdinando VII.
Con Ferdinando IV e suo figlio Francesco I, oltre la Reggia di Caserta e il Palazzo Reale di Napoli, i presepi venivano allestiti anche nelle altre residenze di famiglia: a San Leucio, a Portici e in altri siti disseminati per il resto del regno. La passione dei reali verso il presepe era così forte, tanto che, nel 1799, mentre erano in fuga da Napoli, a causa della rivoluzione, portarono con sé diversi pezzi, alcuni dei quali vennero però dispersi. Al riguardo, vari studiosi sono dell’opinione che vi sono esemplari, in origine appartenenti a questa sfortunata collezione, che, oggi, si trovano presso il Bayerisches Nationalmuseum di Monaco di Baviera. Per quanto riguarda, poi, le scenografie che venivano approntate, i reali si avvalevano della maestria di importanti autori come: Vincenzo Re e Antonio Joli. Il primo era un architetto e scenografo teatrale, mentre il secondo era un vedutista. Entrambi di origini emiliane, portarono le scenografie presepiali ad altissimo livello, condizionando scelte e gusti dell’aristocrazia partenopea impegnata nell’allestimento del proprio presepe.
Tra la fine del Settecento e il primo quarto del secolo successivo, i Borbone continuarono a predisporre gli apparati scenici per la natività del Bambino in molte delle loro residenze e di questi si ricordano quelli di Portici e di Palermo. Solo dopo l’età napoleonica e il breve regno di Francesco I, la Reggia casertana venne individuata come sito principale dove preparare il più grande presepe di famiglia, di cui si può ammirare, ancora oggi, la monumentalità, messa ben in evidenza nell’ultima sala degli appartamenti vanvitelliani.
Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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