I riti settennali dell’Assunta a Guardia Sanframondi
– Ogni sette anni, e per sette giorni, Guardia Sanframondi diventa il centro dell’attenzione di antropologi, sociologi, studiosi della religiosità incuriositi per lo più dagli atteggiamenti devozionali che i fedeli dell’Assunta assumono per dimostrare la loro fede.
A partire dal lunedì successivo al ferragosto Guardia Sanframondi è un continuo susseguirsi di rituali che ancora una volta si collocano in quella dialettica, che ho già descritto in altre occasioni, tra una ortodossia ecclesiastica e una religiosità folklorica. Due mondi che non sempre coincidono. Simbolicamente questo momento è rappresentato dall’uscita della statua dell’Assunta dalla chiesa, la domenica mattina, quando letteralmente viene presa in carico dai fedeli, momento segnato dallo sparo del mortaretto, al cui suono tutti i partecipanti si inginocchiano.
Ma come dicevo – e sospendo per un attimo la descrizione della processione della domenica – i rituali sono già in corso da una settimana. Dal lunedì infatti i diversi rioni del Comune, vale a dire il Rione Croce, il Rione Portella, il Rione Fontanella e il Rione Piazza, organizzano e rappresentano i cosiddetti misteri. Sono dei tableaux vivant che narrano episodi biblici, storie agiografiche ma anche episodi storici che ovviamente hanno un profondo messaggio morale. In realtà ogni rione svolge durante la settimana due processioni, quella di penitenza e quella di comunione. Le strade del paese sono attraversate da questi quadri – e la definizione è appropriata in quanto l’immobilità dei figuranti li rende tali. Ed è quasi stridente la contrapposizione tra l’immobilità e il movimento, in una straordinaria tensione che trasmette la dimensione devozionale dei partecipanti.
Durante le processioni di penitenza compaiono i disciplinanti, così chiamati perché usano la disciplina, uno strumento di mortificazione del corpo formato da quattro fila di lamelle di metallo, con la quale si percuotono la schiena (con il non trascurabile effetto di tenere lontano dalla processione i troppo curiosi).
Il sabato è il momento della processione del clero. Anche in questo caso sono presenti segni di mortificazione del corpo, come una fune incrociata intorno al petto e, in alcuni casi, una corona di spine. La processione si conclude con un momento rituale di grande significato: l’apertura della lastra, di vetro, che generalmente chiude la statua dell’Assunta. Mi sembra ovvio interpretare questo rituale come il momento in cui si abbattono le barriere tra i fedeli e la divinità. Un dato significativo è che questo rituale è officiato dalle autorità ecclesiastiche e civili. Così come, ovviamente, saranno le massime autorità ecclesiastiche a celebrare la messa solenne della domenica mattina.
Ma come dicevo, dal momento in cui la statua esce lo scivolamento verso forme di religiosità popolare si compie. Rimasi colpito, la prima volta che ho assistito ai riti settennali, da questo urlo, che non so quanto anch’esso rituale: “Vattie’, vattiteve”. E qui prepotentemente entrano in scena i protagonisti di quest’ultima parte dei riti: i battenti. Coperti da un saio bianco, con un cappuccio a preservare un anonimato in fondo relativo (in paese si sa bene chi si flagellerà), a petto nudo e tenendo in mano la cosiddetta spugna i battenti si colpiscono. La spugna è un pezzo di sughero circolare, con una cinghia da un lato per poter essere maneggiata e, dall’altro uno strato di cera su cui sono infissi spilli. Il battente se l’è procurata nei giorni precedenti presso una delle diverse “officine” (anch’esse teoricamente anonime) dove spugne e discipline vengono costruite. Ritmicamente i colpi si susseguono, solo talvolta interrotti per bagnare la spugna col vino a mo’ di disinfettante. Un ritmo costante, che raggiunge però un momento culminante quando, per effetto della composizione della processione, la testa della stessa, con i battenti, incontra il suo centro, con la statua dell’Assunta., in genere verso la Basilica di San Sebastiano. E’ il climax: i battenti si inginocchiano, i colpi accelerano. E non può essere diversamente, al diretto cospetto della divinità.
La statua viene quindi riportata nella sua nicchia, ma sarà ancora visibile ai fedeli per una settimana, quando dopo un’ulteriore processione sul sagrato del santuario e la chiusura della lastra i riti, di fatto, si concludono.
Storicamente parlando la presenza dei battenti colloca i riti all’interno della tradizione medievale dei flagellanti che sembra iniziare con il francescano Raniero Fasani, nel XIII secolo. Più volte proibiti dalle autorità ecclesiastiche e più volte riemersi in occasioni di grande pericolo, come la peste, oggi come oggi i flagellanti compaiono in sporadiche occasioni, perlopiù nel Sud Italia, in Francia e in Spagna, in particolarissimi momenti, come appunto i riti settennali dell’Assunta a Guarda Sanframondi.
Ma sarebbe sbagliato pensare che l’autoflagellazione sia una pratica religiosa confinata al cattolicesimo. In prospettiva storica, molte ritualità del mondo antico prevedevano questa mortificazione corporale, ad esempio durante i riti dionisiaci. Ma essa viene pratica anche nel mondo islamico, ad esempio gli sciiti per la celebrazione dell’Ashura. E non stupisce: se immaginiamo la flagellazione come un’offerta alla divinità, quale forma di preghiera e di penitenza potrebbe essere più vissuta?
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