Identikit del coronafobico, è l’ansia che fa perdere il controllo
Armando Rispoli (Psicologo – Psicoterapeuta)
– Genesi del coronafobico. La paura è una delle emozioni fondamentali di tutti noi, ci mette in guardia dai pericoli e ci spinge alla sopravvivenza. Diventa un problema quando viene vissuta in maniera esagerata e si trasforma in panico. In questi casi chi la sperimenta mette in atto delle “tentate soluzioni” come ad esempio l’evitamento di quei luoghi o situazioni che attivano la paura stessa. Tali “soluzioni” reiterate, ovvero ripetute nel tempo, confermano alla persona la presenza di una grave minaccia, come ad esempio che si può affrontare solo evitando. Il sollievo che si ricava dall’evitare gli stimoli stressanti o del rassicurarci attraverso l’ausilio di persone o cose) è solo temporaneo. Giorno dopo giorno si ha sempre più la percezione che il problema sia insormontabile, la stima di sé diminuisce e aumenta il senso di incapacità, generandosi un circolo vizioso dal quale non si vede via di uscita.
La genesi del coronafobico nasce in effetti da un bisogno di controllo che, nella maggior parte dei casi, genera una “perdita del controllo” e l’utilizzo di una serie di precauzioni che non permettono di viversi più la vita serenamente. Ad esempio, la tentata soluzione principale ed anche la più banale del coronafobico è quella di focalizzare in modo ossessivo la propria attenzione sull’osservare la giusta distanza dagli altri, di intercettare starnuti come se avesse gli infrarossi, di fare estrema attenzione al contatto fisico e di riconoscere ed evitare il possibile portatore di COVID-19. Quando il coronafobico, con fatica, crede di aver scansato tutti i potenziali pericoli, comincia a mettersi in ascolto del proprio corpo e dei suoi segnali cercando di esercitare un illusorio potere di controllo sulla propria salute attraverso l’ esercizio della preoccupazione (forma di controllo rigida ed ossessiva). Come però accade per tutte le forme di controllo rigido e ossessivo, il coronafobico crea un vero e proprio paradosso: più tenta di rassicurarsi controllando potenziali contagi e più individua persone potenzialmente contagiose, così come più si pone in osservazione del proprio corpo e più ne altera la funzionalità stessa producendo come effetto dei piccoli sintomi che interpreterà prontamente come segnale chiari di Coronavirus. Questo processo innesca ben presto la comparsa di una sintomatologia ansiosa ed alimenta vertiginosamente la paura che avvilisce e destabilizza il Coronafobico. Il tentativo di tenere a bada la paura lo motiva a questo punto a studiare manuali di medicina, a svolgere ricerche approfondite su Google, ad affollare gli studi medici e i Pronto Soccorso. Le rassicurazioni che dovrebbero derivare da questi arguti comportamenti non riescono a produrre l’effetto di ridurre le preoccupazioni e l’ansia del coronafobico ed è allora che costui inizierà a mettere in atto le strategie più raffinate. Iniziano una serie di evitamenti rispetto a tutte le situazioni che potrebbero metterlo in pericolo: comincerà a ridurre gradualmente l’attività sociale, a rinunciare alla palestra o alle partite di calcetto, eviterà di incontrare persone oppure, se costretto, cercherà di affrontare tutte queste situazioni obbligate attraverso l’uso di precauzioni come ad esempio indossare le mascherine oppure cercare di procurarsi, a tutti i costi, un bene prezioso, la rassicurazione per antonomasia, “l’oro trasparente d’Italia”: l’Amuchina! Dopo una notte insonne, esausto, il Coronafobico spende le ultime energie nella socializzazione di tutto il suo timore ma in realtà ottiene che, il parlare continuamente con gli altri produce un effetto paradossale di nutrimento e amplificazione della sua paura. In questo caso attraverso le rassicurazioni logiche e razionali di chi lo circonda, notiziari compresi penserà – se vengo continuamente allarmato su qualcosa, dunque esiste un pericolo per cui io debba essere rassicurato. Solo nel suo inconscio più profondo il Coronafobico sa che in realtà il Covid-19 è un virus che ha oggettivamente la sua pericolosità ma di portata marginale e che è minaccioso realmente per chi è già in una condizione di salute cagionevole. La verità è che siamo un pò tutti Coronafobici. Il punto è che il potere secondario di una fobia è quello di distrarre chi la vive dalle proprie paure più profonde e di limitarne in qualche modo l’esposizione. Così il Coronavirus ci distrae dai reali pericoli del mondo, dai cambiamenti climatici, dai disastri ecologici, dai mali del secolo, dalle intolleranze, dalle nostre responsabilità rispetto al mondo che abitiamo. Forse guardare in faccia le vere minacce verso il mondo fa più paura di un nemico invisibile.
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