La dolce zeppola nel giorno della paglietta
Maria Beatrice Crisci
– San Giuseppe, la festa del papà, la morte di don Peppe Diana, la zeppola. Il 19 marzo ci si sveglia e non è un giorno come gli altri. A che penasare prima? Agli amici che si chiamano Giuseppe o Giuseppina, Pino o Pina, Peppe, Peppino o i settentrionali Beppe? Sono tanti! O i papà? Sono ancora di più, un esercito di uomini che ha conosciuto la paternità! Poi vengono alla mente i papà che non ci sono più, quelli che si vorrebbe avere ancora al proprio fianco e dai quali ci si è dovuti separare. E come dimenticare don Peppe Diana, colui che con il suo martirio è diventato il papà di tutti. E poi c’è la zeppola, un dolce unico, tipico della cucina Italiana, ma un vero e prorio emblema per il Sud, un trionfo della pasticceria soprattutto a Napoli. Si dice che derivi da una tradizione antica risalente addirittura all’epoca romana.
Risuonano nella memoria le parole di una nonna partenopea che raccontava delle passeggiate in via Toledo il 19 marzo. Il giorno di San Giuseppe, patrono della Chiesa cattolica, era una data importante sul calendario, marcata in rosso. Fino al 1977 è stata festa di precetto, non si andava a scuola, gli uffici pubblici erano chiusi. E gli uomini passeggiavano per il centro di Napoli con la paglietta, il tipico cappello estivo, perché il 19 marzo anticipava di due giorni l’arrivo della primavera e i primi tepori già si avvertivano. San Giuseppe segnava proprio il risveglio di primavera, l’inizio della “bella stagione”, la ricerca nell’armadio degli abiti leggeri. E per festeggiare i nuovi tempi si addentava con gusto per strada una morbida zeppola ricca di crema. Rigorosamente fritta!
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