La famiglia Alois e le residenze tifatine, aristocrazia e cultura
– Nella provincia di Terra di Lavoro si sono affermate, nel corso dei secoli, diverse famiglie aristocratiche che si sono, poi, contraddistinte sia per il loro ruolo politico che per il loro impegno culturale, ma anche per aver commissionato non poche opere artistiche.
Fra queste dinastie, si ricorda quella degli Alois, la cui origine risale al VII secolo d.C. Secondo alcuni studiosi, sembra che si siano affermati durante il periodo longobardo e che il capostipite del casato sia stato Adelgisio: valoroso condottiere e signore di Capua, ma anche principale fautore della pubblicazione della Historia Langobardorum stilata poi da Erchemperto. Con il trascorrer del tempo, dal nome Adelgisio si passò ad Adelgisii, poi in de Aloisio, per divenire in seguito Aloys e trasformarsi, infine, in Alois. L’importanza e il potere di questa famiglia sono cresciuti, nei secoli, in maniera notevole, che gli ha permesso di incrementare il numero dei feudi già in possesso.
Di loro pertinenza divennero i piccoli centri di Briano, Piedimonte di Casolla e Sommana, tutte località stanti nel territorio di Caserta, dove sono tuttora presenti le loro antiche residenze, identificabili attraverso gli stemmi di famiglia messi ben in evidenza sui portoni principali. Ancora oggi, l’arma del casato è caratterizzata dalla presenza di un leone rampante con in mano il giglio di Francia.
A partire dall’età moderna, ebbero i natali da questa dinastia tanti illustri personaggi, le cui gesta sono rimaste alla storia. Tra i vari suoi esponenti, particolare rilevanza ha avuto Antonello Alois, giurista vissuto tra la seconda metà del Quattrocento ed i primi del Cinquecento, il cui monumento funebre si trova nella chiesa napoletana di San Pietro ad Aram. Altra figura di spicco è stata quella di Marcantonio, giureconsulto e cubiculario di Papa Giulio II. Il testamento della sua memoria è ancora impresso in una lapide collocata all’interno del duomo di Casertavecchia. Suoi nipoti illustri furono, poi, Giambattista e Gianfrancesco. Entrambi furono molto sfortunati, poiché morirono in tragiche situazioni. Il primo perì, nel 1547, durante le rivolte dei napoletani contro il vicereame spagnolo, mentre il secondo fu vittima del Tribunale Inquisitorio partenopeo, in quanto accusato di luteranesimo per le sue idee valdesiane. Della loro famiglia si conservano alcune testimonianze lapidee nella chiesa di San Rufo martire in Piedimonte di Casolla, così come è ancora in essere il loro palazzo sito nella medesima località, al cui interno si conserva un affresco del tardo Quattrocento raffigurante la Madonna con il Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano.
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