La fata delle nuvole di Laure de Balzac, la sorella dimenticata
-Un’edizione necessaria quella del romanzo di Laure Surville de Balzac. La fata delle nuvole o la Regina Mab, (Roma, Alpes Italia, 2022), da un lato, infatti, restituisce voce ad una scrittrice francese del XIX secolo, dall’altro, l’acuta lettura che ne dà la curatrice riconsegna agli elementi cardine della fiaba, il valore della scelta. Letteratura e psicanalisi imbricate in una fiaba in cui la narrazione si fa teatro della naturale crescita di una bambina di nove anni e, in quanto tale, appare connotata da sentimenti spesso contrastanti.
L’edizione italiana di questo romanzo (pubblicato a Parigi nel 1854), tradotto e curato finemente dalla nota psicanalista Rosa Romano Toscani (fondatrice sella Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica), si presenta corredata da una preziosa prefazione di Anne Marie Baron (critica cinematografica e presidente della Società degli Amici di Honoré de Balzac) nonché da una rigorosa postfazione di Valeria Sperti (professoressa ordinaria di Letteratura Francese e Francofona presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II).
Questa raffinata operazione editoriale offre diverse e sapienti chiavi interpretative ad una favola
dalla connotazione fortemente autobiografica. “La Surville, attraverso una forma onirica, si cimenta
nella descrizione accurata dell’ambiente, nella collocazione dei personaggi con i loro sentimenti,
dolori, passioni, nella valorizzazione delle scoperte scientifiche dell’epoca in una visione che
rispetta la tradizione inaugurata dall’autore della Comédie Humaine” – commenta, infatti, Rosa
Romano Toscani nell’introduzione all’edizione italiana.
La piccola Éliane /Laure vive, nel sogno con la Regina Mab, un’altra vita e, proiettata in una
dimensione atemporale, tenta, da una parte, di porre rimedio alla limitatezza della propria esistenza,
al dipendere da condizioni non scelte, dall’altra, di contrastare il progressivo restringersi del cono
delle possibilità dettato da un’epoca in cui, come sottolinea Rosa Romano Toscani: “tutte le donne,
a qualsiasi ordine appartenessero, non disponevano di proprietà finanziarie e, in campo politico, non
avevano diritto di voto”.
Éliane /Laure appare, infatti, costretta a conquistare la propria identità attraverso “il trauma della
separazione”, amputando o potando, una dopo l’altra, le ramificazioni del suo essere e cancellando
abbozzi di io che avrebbero potuto pericolosamente cristallizzarsi. Un testo importante, dunque, che sviscera l’uso della fiaba come strumento di elaborazione degli aspetti dell’esistenza; non a caso, la riflessione offerta dalla lettura adulta avvicina il lettore a quanto di più profondo si possa riconoscere al romanzo di Laure Surville de Balzac: “La vicenda trova il suo epilogo quando le sue visioni saranno talmente forti da provocarle un malessere che sembra precluderle il premio di composizione tanto sperato, al punto da ammalarsi di quelle che verranno definite nel romanzo delle allucinazioni. La scrittura, sembra dirci Laure Surville, è dunque elemento salvifico e funesto al tempo stesso: descrivendo le cose, gli esseri, tutto rimane esteriore, si contempla un mondo che, come nelle sortite della Regina Mab con Éliane, è visto dall’alto, da lontano, non appartiene loro, di cui non sentono più di far parte. […] La Fata delle nuvole o la Regina Mab rappresenta dapprima lo slancio, poi la rinuncia alla finzione, proprio come molte eroine dei romanzi di Honoré de Balzac, tra cui il caso esemplare di Eugénie Grandet, anch’esse vittime sacrificali delle convenzioni sociali della loro epoca”, spiega Valeria Sperti nella postfazione. In libreria.
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