La Pasqua e la Passione, il Cristo deposto di Matteo Bottigliero
– Tempo di Pasqua, ma anche di simboli e di opere d’arte cariche di valenze devozionali. Tra sepolcri e iconografie della Passio Christi, si rincorrono immagini e rappresentazioni di ogni sorta. Infinito è l’elenco di pitture e sculture, realizzate nel corso dei secoli, concepite per esaltare la fede nella sua forma più drammatica, il cui allestimento, specialmente in età barocca e controriformata, spesso è stato approntato come se fosse una vera e propria macchina teatrale.
In provincia di Caserta, l’opera più rappresentativa in tal senso è il Cristo deposto di Matteo Bottigliero esposto presso la Cripta della Cattedrale di Capua. Eseguito all’inizio degli anni Venti del Settecento, insieme al busto dell’Addolorata, è considerato tra i capolavori di scultura marmorea tardo barocca presenti in Campania, sia per la fattura sia per il pathos che trasmette.
Scarse sono le notizie biografiche del suo autore, mentre sono note alcune e importanti sue opere napoletane: la Guglia dell’Immacolata in Piazza del Gesù, i busti di vari santi monaci nel Chiostro grande della Certosa di San Martino e tante statuine presepiali, oggi conservate proprio presso il Museo della Certosa.
Il Cristo capuano venne commissionato al Bottigliero quando era un artista già famoso e maturo. L’incarico gli venne affidato dall’allora arcivescovo Nicolò Caracciolo che, da tempo, stava conducendo una serie di interventi architettonici e decorativi per l’ammodernamento della Cattedrale. Per questa scultura chiese, inoltre, che venisse inserita in una sorta di tempietto le cui forme dovevano evocare quelle del sepolcro di Gerusalemme. La cripta e la scultura vennero, successivamente, consacrate dal vescovo di Benevento Pietro Francesco Orsini, che di lì a poco sarebbe asceso al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIII.
Ancora oggi il Cristo deposto suscita molto stupore in chi l’osserva, per la bellezza del candore marmoreo, per la raffinata esecuzione e gli effetti chiaroscurali che danno all’opera una maggiore espressività drammatica. Tutti elementi che hanno, poi, caratterizzato lo stile di Giuseppe Sammartino, suo allievo, e che in effetti si riscontrano nel suo massimo capolavoro: il Cristo Velato della Cappella del Principe Raimondo di Sangro a Napoli.
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