La Reggia va a nozze. Un no ai reazionari, ma trionfa il kitsch
– Che tristezza quel pensiero reazionario che tenta di ammantarsi di cultura e chiede di porre i monumenti off limits, impraticabili, di renderli freddi sacrari in nome di una nobiltà da mantenere in ghiaccio. La Reggia di Caserta non dovrebbe, secondo i paladini di un conservatorismo aprioristico, ospitare eventi, aprire le porte alla promozione, al business. Tutto dovrebbe rimanere com’è, nulla dovrebbe mai cambiare.
Ma a che serve una cultura immobile, che non dialogo con il presente, con l’innovazione? Che concezione culturale è quella che vede il museo come una struttura statica, un oscuro e severo luogo della conservazione? Un museo è ben altro, è quanto di più dinamico si possa immagine, di quanto più interattivo possibile. Usufruirne a scopi privati deve solo avere un giusto prezzo e la tutela dei beni, con il rispetto del luogo e del lavoro degli operatori.
La cultura passa per un museo vivo, non per la nostalgia del passato. E allora ben vengano nella Reggia di Caserta concerti e mostre, ma anche feste e cerimonie. Sta alla Direzione, e in primis a Mauro Felicori, garantire la salvaguardia fisica, estetica ed etica dei luoghi. Ma suo dovere è anche mettere a frutto il patrimonio da gestire. Produrre economia con i beni culturali è un obbligo, non un’opzione. Altrimenti, non ci sarà più manutenzione, valorizzazione, promozione, e ogni monumento sarà destinato solo a morire di inedia.
Ovviamente queste riflessioni nascono all’indomani della tanto chiacchierata cerimonia nuziale svoltasi in pompa magna. A margine, va detto che quel matrimonio era sì da fare. Ok, il prezzo era giusto. Ma come si fa, e la domanda va rivolta alla società milanese che ha “curato” l’evento, a infiocchettare la Reggia in quel modo? Luigi Vanvitelli ne ha fatto il trionfo del barocco e ha al tempo stesso anticipato lo stile neoclassico. Gli allestitori meneghini, almeno dalle foto circolate, hanno avuto un gusto veramente kitsch. Probabilmente erano inadeguati a confrontarsi con la magnificenza architettonica del complesso monumentale. E questo a dimostrazione che i soldi non sempre sono sinonimo di gusto. Sarebbe stato bene che la Direzione della Reggia avesse avuto la possibilità di valutare il progetto dell’allestimento, di rigettarlo e di chiedere magari di far intervenire qualche società casertana di apparatori, o comunque campana, sicuramente più attrezzata culturalmente, ma anche tecnicamente, a dialogare con gli spazi e con la storia del luogo. Gli sposi e gli ospiti hanno perso la grande occasione di godere veramente della bellezza della Reggia.
Un ultimo penisero va espresso. Se il matrimonio ha portato denaro e anche pubblicità al monumento, tutte le polemiche casertane rimbalzate sul web hanno fatto un gran bene alla Reggia, moltiplicando ancor più l’eco promozionale dell’evento. E in più, le fotografie hanno dimostrato quanto sia perdente l’innamoramento che i campani hanno delle cosiddette professionalità milanesi, nell’occasione dimostratesi assolutamente inadeguate.
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