L’ascetica Santa Rosa da Lima, il suo radicato culto a Caserta
Luigi Fusco -“Bella come una Rosa” sembrava Isabella Flores y de Oliva agli occhi della sua domestica. Nata, nel 1586, a Lima in Perù, da genitori spagnoli. Da tutti è ricordata come Santa Rosa da Lima. Il suo culto è molto sentito anche a Caserta. Tant’è vero che proprio nel cuore della città della Reggia, nella storica via San Carlo, la ottocentesca cappella dell’Immacolata Concezione, presenta sul lato destro della sua navata unica la statua di Santa Rosa da Lima custodita in una teca di fattura recente. Santa Rosa da Lima ebbe un’infanzia felice fino a quando la sua famiglia non si trovò in gravose condizioni economiche scaturite da un investimento non andato a buon fine. Di animo gentile e caritatevole, la giovane Isabella decise di aiutare i propri familiari procacciandosi diversi lavori. Notevoli furono, poi, gli sforzi e i sacrifici profusi nel lavoro dei campi e nell’attività di cucito che soleva svolgere fino a tarda notte. Ventenne rifiutò il matrimonio, in quanto già destinata a consacrare la sua esistenza al Signore. Poco tempo dopo fece, difatti, voto religioso e chiese di poter entrare nel Terz’Ordine Domenicano con il nome di Rosa di Maria Vergine.
Non essendo presenti conventi domenicani in Perù, a partire dal 1609 si ritirò in una piccola cella, di circa due metri quadrati, posta nel giardino della casa materna. Un edificio angusto che risultava essere freddo d’inverno e afoso d’estate, impossibile per vivervi e pertanto opportuno per coltivare al meglio la pratica dell’ascesi e della contemplazione divina.
Santa Rosa era solito uscire dalla sua cella quando partecipava alle funzioni religiose. Nel corso delle sue continue orazioni era spesso testimone di visioni mistiche che, a un certo punto, cominciarono a manifestarsi in maniera puntuale tutte le settimane, in particolare dal giovedì al sabato. Oltre la preghiera, Rosa era dedita alle autoflagellazioni, alle veglie e ai digiuni, a cui si alternavano apparizioni celesti ma anche tentazioni diaboliche.
Come Santa Caterina, anche Rosa iniziò a soffrire sulle sue carni quella che era stata la “Passione di Cristo”, prodigio che durò per molti anni. A Lei venne, inoltre, concesso il dono delle “nozze mistiche” e nel corso della sua vita spirituale iniziarono ad affermarsi anche miracoli di varia natura: dalla profezia alla bilocazione.
Nel 1614, costretta dalla famiglia, si trasferì presso la casa della nobile Maria de Ezategui, dove morì tre anni dopo poco più che trentenne, il 23 agosto 1617, consumata da quelle penitenze che tanto aveva desiderato durante il suo continuo esercizio di preghiera rivolto al Signore per la salvezza dei peccatori e la conversione delle popolazioni indigene. Per tutta la vita condivise la sofferenza dei fratelli indios, emarginati e maltrattati a causa della loro diversità di etnia e stato sociale. Dopo la sua morte il capitolo, il senato e le corporazioni della città di Lima accompagnarono il suo corpo verso il luogo della sepoltura, ma la folla di fedeli che si era raccolta era tale che non fu possibile svolgere il funerale per vari giorni. Venne, poi, seppellita in forma privata nel chiostro della chiesa di San Domenico, come aveva chiesto, ma successivamente le sue spoglie vennero traslate all’interno della chiesa stessa. Patrona dei fiorai, giardinieri e delle suore domenicane, Rosa venne canonizzata nel 1671 ed è stata la prima santa dell’America Latina.
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