Le opere e i giorni. Il dolce soffio di Zefiro nei giardini di marzo
– L’11 di marzo, gli antichi romani celebravano il Natalis Favonii, cioè la nascita di Zefiro: figura della mitologia greca e personificazione del vento che soffia verso ponente. Figlio del titano Astreo e di Eos, sposò Clori e dal loro amore nacque Carpo.
Sin dall’antichità, è stato, di frequente, rappresentato come un giovane dotato di ali e con un mazzo di fiori primaverili tra le mani, suo principale attributo iconografico. Non solo nel campo delle arti Zefiro ha avuto fortuna, ma anche in ambito letterario. Al riguardo, basti ricordare la sua presenza nell’Iliade di Omero, così come nella Teogonia di Esiodo e nei Fasti e nelle Metamorfosi di Ovidio.
Anche all’interno della Reggia di Caserta Zefiro è protagonista, considerata la sua massiccia presenza nel gruppo di sculture facenti parte della poderosa Fontana di Eolo lungo la direttrice del parco. Prevista nei progetti originari di Luigi Vanvitelli, la sua realizzazione venne condotta sotto il figlio dell’architetto, Carlo, tra il 1775 ed il 1799. Costruita in marmo travertino di Montegrande, località presso Caiazzo, questa grande vasca è inserita in un’esedra in bugnato dotata di ben 59 sculture.
Sono raffiguranti i venti, disposti in piedi o supini, adagiati su finti scogli o messi in pose diverse. Compaiono, poi, tritoni e putti con conchiglie da cui fuoriescono zampilli d’acqua.
Nonostante il copioso numero di statue, manca l’intero carro di Giunone tirato dai pavoni, sostenuto da nubi e circondato da ninfe, così come non è presente la statua di Eolo.
Il motivo iconografico della fontana è ispirato all’episodio dell’Eneide in cui la moglie di Zeus chiede l’intervento del dio dei venti per allontanare Enea dalle coste italiane. Per l’esecuzione di una così complessa materia narrativa vennero coinvolte numerose maestranze, ma, soprattutto, si confidò nell’operato di alcuni autori già al servizio dei Vanvitelli, fra cui Angelo Brunelli, Gaetano Salomone, Andrea Violani, Paolo Persico e Pietro Solari.
L’intera opera altro non rispondeva che alla “gioia di vivere” dei Borbone, i quali con il piacevole sospirare dei venti di Zefiro, auguranti l’arrivo della primavera, sentivano il rinascere delle loro passioni e del desiderio di vivere in luoghi ameni come il parco della loro regal residenza casertana.
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