Luoghi della memoria, alla scoperta di Sant’Angelo in Formis
– Ci sono luoghi dove la globalizzazione è arrivata solo in parte, se non attraverso gli smartphone ed i social network. Posti dove il tempo sembra essersi fermato, lasciando in maniera immutata le pietre, il paesaggio e le sue architetture più significative. Di questi siti bisogna coglierne la bellezza naturale e l’aura soprattutto, la cui manifestazione è un insieme di luci, colori e odori restituiti dal circostante contesto naturale. Sono queste le premesse che aiutano a comprendere il fascino di singolari borghi, come quello di Sant’Angelo in Formis, presso Capua, le cui origini sono antichissime. Al riguardo, le fonti riportano che dove sorge la Basilica benedettina di San Michele Arcangelo, la cui costruzione fu di Desiderio di Montecassino, vi era il tempio dedicato a Diana Tifatina, tra i santuari più importanti del mondo romano. Attorno ad esso vi era un vero e proprio villaggio chiamato Vicum ad Arcum Dianae Tifatinae, strategicamente importante per l’antica Capua in quanto vi forniva l’acqua attraverso un proprio acquedotto, convogliato, a partire dal XVI secolo, convogliato presso la nuova Capua, la città nata a ridosso del Volturno.
Dell’epoca romana, ancora oggi, sono visibili numerose testimonianze, le cui tracce sono disseminate un po’ ovunque tanto da confondersi con materiali di costruzione di epoche più recenti. Oltre la basilica romanica, nota in tutto il mondo specialmente per i suoi affreschi “campano-bizantini”, nella medesima area è possibile vedere anche il lavatoio pubblico. Un vero e proprio luogo della memoria, dove, fino ad una cinquantina di anni fa, le donne del posto accorrevano per lavare e sciorinare i panni dei loro uomini, per lo più impegnati nelle attività agricole. Frequentarlo era una sorta di ritrovo, un modo per scambiare quattro “chiacchiere”, per farsi delle confidenze, magari anche per dar vita a qualche innocente “pettegolezzo”.
A pochi chilometri dall’area della basilica è, invece, possibile ammirare un’altra preziosa presenza storica, la cui vicenda è strettamente correlata al processo di unità nazionale. É il Cimitero Garibaldino, dove sono sepolte le “giube rosse” che perirono durante la Battaglia del Volturno, svoltasi, agli inizi di Ottobre del 1860, contro l’esercito borbonico. Più che un’area cimiteriale, la si potrebbe definire un luogo di rara suggestione, dove il tempo veramente si è fermato per sempre.
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