Museo Campano, in Pinacoteca la Madonna in attesa del parto
– All’interno della Pinacoteca del Museo Provinciale Campano di Capua è esposta una scultura lignea policroma, datata agli inizi del XV secolo, il cui soggetto è stato identificato come una Santa Caterina d’Alessandria. L’opera è stata, inoltre, attribuita a Baboccio da Piperno, abate e artista, originario di Priverno, attivo tra Tre e Quattrocento a Napoli in diversi cantieri promossi dagli angioini.
Trattasi di un’opera di modeste dimensioni e, per quanto sia stata restaurata in tempi recenti, risulta esser priva sia di alcuni elementi compositivi sia di specifici riferimenti iconografici. In compenso, la statua conserva ancora il suo abbigliamento che, per quanto semplice nelle sue forme, è messo in risalto dalla doratura che insiste sul merletto della veste e del mantello.
Singolare è, poi, l’acconciatura della figura femminile rappresentata, la cui composizione si articola attraverso l’avvolgimento di una lunga treccia attorno alla calotta cranica. Questo tipo di pettinatura iniziò a diffondersi in Germania a partire dalla prima metà del XV secolo.
Oltre questi graziosi dettagli, dal medesimo soggetto ne emerge un altro di non poco conto: il ventre sporgente, proprio delle donne in gravidanza, che si intravede sotto la veste. La presenza di questo particolare mette, in effetti, in discussione l’identificazione della scultura con Santa Caterina e l’avvicinerebbe di più a una raffigurazione mariana: quella della Madonna nell’attesa del parto.
Al riguardo, si tratterebbe di una rara iconografia, nata nel Nord Europa verso la fine del Trecento. Sin dai suoi esordi, questo tema venne affrontato dagli artisti non senza grosse difficoltà interpretative, in quanto si andava a toccare la sfera della sessualità della Vergine.
Pertanto, già i primi maestri di area nordica ritennero opportuno rappresentare, accanto alla Madonna incinta, altri simboli, come, ad esempio, i raggi luminosi oppure il monogramma di Cristo, se non anche il feto del Bambino con l’aureola. Gli artisti italiani, invece, risolsero la questione in maniera diversa. Maggiormente attenti alla descrizione dei dettagli pittorici o scultorei secondo un’ottica più naturalistica, per la Madonna partoriente cominciarono a dar vita a simulacri caratterizzati da pose eleganti, abiti preziosi e capigliature alla moda, creando così dei prototipi figurativi che sembravano somigliare di più ai ritratti delle nobili cortigiane del tempo, cioè delle tanto “cantate” (ma) donne di stilnovistica memoria. Per tener sotto controllo il ventre gonfio, gli stessi artisti ricorsero, poi, all’espediente della cinta, posta in alto e realizzata in forma arcuata. Con il passar del tempo, la cintura scomparve del tutto e, non a caso, il termine incinta deriva dal latino medievale incincta, cioè donna senza cintura.
La scultura in oggetto proviene dall’ex Ospedale dell’Annunziata di Capua e non è da escludere che facesse parte di un “presepio” composto da pastori in legno policromo, in cui vi era anche la rappresentazione della Vergine prima e dopo il parto del Bambino.
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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