Napoli, al MANN il fascino discreto del mondo che non c’era
– Il presente e il passato sono collegati da un filo conduttore che va protetto e salvaguardato. Il mondo moderno, quello che si vive e che si sta rovinando da decenni attraverso la sconsideratezza e l’affarismo , presenta delle tracce che evocano altri mondi, passati, lontani. Tracce più o meno profonde, dall’impatto clamoroso sulla società, poiché promemoria di ciò che è stato, storie di civiltà da cui si possono trarre insegnamenti.
Tra simili testimonianze, è innegabile l’immenso fascino che suscita tutto ciò che riguarda il mondo degli Aztechi e dei Maya. Al Museo Archeologico di Napoli, ben duecento pezzi d’arte e di storia, riferiti alle civiltà meso e sudamericane, sono in mostra fino al 30 ottobre. I capolavori provengono dalla collezione di Giancarlo Ligabue, che era imprenditore ma anche paleontologo e studioso di archeologia e antropologia. Il mondo che non c’era è la mostra a cura di Jacques Blazy, specialista delle arti pre-ispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud, che fa tappa anche a Napoli e permette di venire a conoscenza di testimonianze e frammenti storici delle culture antecedenti a Colombo, ciò che gli europei conobbero solo tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI. Il contatto con le culture degli Olmechi, dei Maya e degli Aztechi si verificò solo dopo l’invasione – e non la scoperta – del continente conosciuto come America. In tal senso, poter ammirare tesori simili ha più di una valenza: non è solamente una traccia storica, quella che si guarda, ma un’autentica sopravvivenza della storia, che nonostante il trascorrere del tempo e la crudeltà dell’uomo – che per il potere non si è fatto scrupoli di spazzar via il prossimo, si è aggrappata con le unghie alla vita, resistendo fino ai giorni nostri.
Le opere d’arte, tra scultura e oreficeria, mettono in evidenza ricchezza e grande varietà, caratteristiche insite nelle civiltà meso e sudamericane. Unici sono i reperti in mostra, come le maschere in pietra di Teotihuacan, le statuette antropomorfe degli Olmeca, i vasi Maya di epoca classica provenienti dal Guatemala e le Veneri della cultura di Valdivia. I duecento pezzi in esposizione rappresentano il nucleo, la punta di diamante della collezione di Giancarlo Ligabue e, grazie alla mostra al MANN, dopo i successi di Firenze e Rovereto, si può viaggiare indietro nel tempo, tra culture profondamente diverse dalla propria, potendo percepirne la spaventosa bellezza.
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