Nascita dei calendari, dalle chiese romaniche a Frate Indovino
– Sin dall’antichità l’uomo si è impegnato nel dare una personificazione ai 12 mesi dell’anno. Con l’età medievale, poi, è stato codificato un vero e proprio repertorio illustrativo, supportato da un ampio bagaglio tematico contenente diversi motivi rilevati dal mondo vissuto: da quello religioso a quello civile, senza trascurare gli aspetti legati all’universo folkloristico, agrario e produttivo.
Da quest’articolata dinamica concettuale è, infine, emerso uno specifico linguaggio figurativo avente una propria caratterizzazione narrativa e una precipua dimensione allegorica.
All’epoca carolingia risale la prima e sistematica organizzazione figurale, destinata a codici miniati e arazzi, del ciclo dei mesi e delle attività connesse. Dal punto di vista iconografico, molti dei soggetti o dei temi raffigurati vennero presi in prestito dall’età classica. Successivamente, cominciarono a comparire anche i simboli zodiacali, la cui rappresentazione era stata mutuata dalla tradizione iconica bizantina. A partire dal secolo XI, tali immagini entrarono a far parte dei cicli monumentali figurativi delle cattedrali d’Europa, sia in forma pittorica che scultorea.
Dalla Francia all’Italia, soprattutto nelle chiese poste lungo la via francigena, ancora oggi è possibile vedere numerose opere in cui sono illustrati i mesi e i lavori che sono collegati.
Di esempi del genere ve ne sono anche in Terra di Lavoro. In particolare, molto interessanti sono gli ornamenti scultorei del portale della Cattedrale romanica di San Pietro nella cittadina di Sessa Aurunca. Oltre gli episodi della vita dell’apostolo Pietro, vi sono le scene relative al ciclo dei mesi. In ordine, appaiono: un vecchio che si scalda al fuoco, che simboleggia gennaio; un pescatore, febbraio; uno spinario e una donna con un bambino, che rappresentano marzo; una donna seduta e adorna di fiori, che indica la primavera; infine, contadini che portano ceste con frutta e grappoli d’uva, la cui presenza è chiaramente riferita ai mesi estivi. Questo tipo di decorazioni serviva a ricordare ai contadini quali erano i loro doveri di laboratores e a scandire il tempo della loro vita da cristiano. Con il passar dei secoli, le medesime rappresentazioni vennero impiegate anche come didascalie per i primi calendari, la cui caratteristica consisteva nell’esser composti da vere e proprie illustrazioni curate nei minimi dettagli con un contenuto aneddotico. La diffusione di questi primigeni almanacchi, nei territori dell’Europa occidentale, consentì la conoscenza degli usi e dei costumi delle diverse popolazioni; in tal modo si venne a creare una tradizione figurativa che, tuttora, contraddistingue alcuni calendari cartacei, ormai divenuti di nicchia, come quelli di Frate Indovino o di Barbanera, portatori di un mondo di valori. in cui l’uomo, con rinnovata semplicità, vive in armonia con la natura, il suo tempo e la bellezza del creato
Luigi Fusco – Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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