Native Language, il nuovo lavoro di Pietro Condorelli
Emanuele Ventriglia – Notizia straordinaria per tutti gli amanti del Jazz e della musica in generale: «Native Language», il nuovo lavoro di Pietro Condorelli, è finalmente disponibile all’ascolto su tutte le piattaforme streaming. L’album, pubblicato dall’etichetta Jazz2Watch, è composto da un brano originale, la title track «Native Language», e da 8 rivisitazioni di storici brani jazz («I love You» di Cole Porter, «A flower is a lovesome thing» di Billy Strayhorn, «All of me» di Gerald Marks e Seymour Simons, «Pannonica» di Thelonious Monk, «Strollin’» di Horace Silver, «Rhapsodic» di Claude Bolling, «Giraffe» di Don Garcia e «I can’t get started» di Vernon Duke). Pietro Condorelli dichiara: «Al contrario del mio scorso lavoro del 2022, “Visions”, ho scelto di concentrarmi sulle cover per poter comunicare al meglio in un terreno comune, quello degli standard, anche molto conosciuti. Con Gerardo Masciandaro abbiamo scelto insieme questa scalettatura che si configura come un percorso che culmina con “I can’t get started”». Realizzato in trio insieme ad Antonio Napolitano al contrabbasso e a Raffaele Natale alla batteria, il disco riconferma il chitarrista casertano sulla scena nazionale e internazionale.
Grazie al suo particolare approccio pianistico alla chitarra, Condorelli volge a nuovi orizzonti nell’evoluzione del linguaggio mainstream: questo stile, che specialmente in Italia non è molto battuto, prevede una approfondita e specifica conoscenza dell’armonia e rende il disco un lavoro estremamente originale. Lo strumento è usato al tempo stesso per armonie, ritmiche e melodie e, specialmente in brani come «I love you» e «A flower is a lovesome thing», è possibile apprezzare il gioco di contrappunti melodici tra la chitarra e il contrabbasso e, talvolta, anche tra due frasi delle stesse sei corde. Le registrazioni sono avvenute presso il Vessel Recording Studio di San Nicola la Strada in presa diretta, in modo da favorire l’interplay tra i musicisti. Molto curata è stata la scelto delle sonorità, che rendono il lavoro di piacevole fruizione a chiunque, attraverso qualunque mezzo. La chitarra scelta è stato uno strumento della Maple Hand Guitars, realizzato sempre a San Nicola la Strada dalle mani di Enzo Pascariello. Gustavo Sciano si è occupato del mix dei pezzi e insieme a Raffaele Natale è riuscito ad ottenere un suono di batteria «old fashioned», che mette in risalto ogni singola sfumatura. Il disco presenta in copertina un’opera di Salvatore Ravo, intitolata «Il Labirinto». Condorelli dichiara: «La scelta non è stata casuale: i labirinti infatti presentano numerose vie, alcune aperte e altre chiuse. Simbolicamente, rappresenta dunque un po’ ciò che accade nell’improvvisazione jazzistica, in cui viene intrapresa secondo per secondo una strada diversa, sempre nuova, ma al contempo unica».
Con un percorso musicale che lo ha portato dalla natia Italia a diversi palcoscenici internazionali, Pietro Condorelli si è affermato come figura di spicco della scena jazz contemporanea. Nel corso dei suoi 40 anni di carriera ha collaborato nella didattica con giganti del jazz come Joe Diorio, Mike Stern, Jim Hall e Mick Goodrick, ha insegnato 15 anni a Siena Jazz e dal 2000 è docente di Chitarra Jazz al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. Ha suonato con musicisti di fama internazionale come Lee Konitz, Jerry Bergonzi, George Cables, Jimmy Owens, Charles Tolliver, Dick Oatts, Jim Snidero e ha fatto parte, negli anni ’90, della mitica band rock progressive «Area».
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