Nello studio di Lello Esposito. Lui sa che la salvezza sta in un corno!
Enzo Battarra Il luogo è magico, è misterioso, è suggestivo. Il palazzo, nel cuore di Napoli, in piazza San Domenico Maggiore, è appartenuto all’esoterista Raimondo di Sangro, principe di Sansevero. Qui teneva la sua tipografia, i cui rumori notturni destavano timori e sospetti. Ma questo è soprattutto l’edificio dove si consumò la tragedia di Gesualdo da Venosa, che nottetempo uccise la moglie Maria d’Avalos e il suo amante Fabrizio Carafa, esponendone le spoglie nell’atrio.
Ebbene, in quelle che furono le scuderie di questo così storico palazzo ha il suo incantevole studio Lello Esposito. Come un novello demiurgo, qui l’artista realizza ed espone le sue incantevoli creature, i suoi Pulcinella, i suoi San Gennaro, ma anche i suoi apotropaici corni. Decine e decine di tele appoggiate al muro, e poi ovunque, ma ordinatamente disposte, le sue sculture. A partire da quella gigantesca che accoglie il visitatore alla discesa dalla scala: “Gli occhi di San Gennaro”. Sono occhi buoni, protettivi, comprensivi. Ma basta volgere lo sguardo intorno e altri busti del santo patrono di Napoli compaiono in tutte le declinazioni possibili nelle forme e nei colori. E poi ci sono i suoi Pulcinella grotteschi, maschere espressive ricche di umanità. Non manca la grande opera corale presentata alla Biennale di Venezia, celebrativa dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia, con tante testine di Garibaldi. L’opera gemella è quella che vede protagonista la Statua della Libertà, quasi a ripercorrere quella tratta che da Napoli portava a New York, città collocate sullo stesso parallelo.
Lello Esposito accoglie nel suo atelier i visitatori con cordialità estrema, con raffinata gentilezza. Si aggira tra le sue opere con la giusta soddisfazione di chi ne è l’artefice, ma anche con l’umiltà di un artista che appartiene al suo popolo. Accarezza i metalli lucenti, racconta storie legate a singole immagini. Sorride narrando il clamore che fece il suo grande corno collocato davanti alla Reggia di Caserta e che pure ha portato fortuna al monumento vanvitelliano. Respira e fa respirare l’aria di un luogo che ha visto intrecciarsi storie drammatiche e oscure. Qui si è fatta la storia. Ma in questa storia c’è di diritto lui stesso, il cantore della Napoli più autentica, più vera. Qui si incarna lo spirito partenopeo, ma è uno spirito che parte dalla tradizione vista come identità e si proietta nella cultura contemporanea, nel gusto corrente. Per guardare con fiducia negli occhi il futuro. Lui è Lello Esposito, lui sa che un corno salverà Napoli e il mondo.
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