Occhio alle lenticchie! Ne servono tante per l’anno che verrà
– Come da tradizione, anche per questa vigilia di Capodanno, il cenone si concluderà con una doverosa scorpacciata di lenticchie, rigorosamente servite al piatto insieme al cotechino ma, per quanto, la loro apparizione risulti un po’ stonata, per sapore e odore, rispetto alla pantagruelica mangiata a base di pesce e di dolciumi vari, la sua presenza è altresì fondamentale, perché è semplicemente augurale. Tante lenticchie, tanti soldi per l’anno venturo. Tale usanza benaugurale fonda le sue radici nella Bibbia; difatti, in alcuni passi, questo legume è protagonista, specialmente nel racconto riguardante la primogenitura di Esaù. In epoca romana, invece, le lenticchie venivano donate alle persone che si volevano bene. L’omaggio avveniva attraverso lo scambio di una borsa, denominata scarsella, e pertanto la loro presenza all’interno riportava alla forma delle monete; infine, l’augurio era che ogni lenticchia si tramutasse in denaro. Oltre a regalarle, pare che gli stessi romani abbino introdotto l’usanza di mangiarle dopo la mezzanotte.
A dar man forte all’opulenza del piatto ricorre, poi, il cotechino; l’insaccato per eccellenza, caldo, grasso e fortemente speziato, ritenuto, da sempre, un simbolo di benessere, ma anche di corpulenza. A poterselo permettere erano le persone gaudenti, coloro che non si privavano di mangiare un così fastoso cibo. L’origine della sua preparazione risale addirittura alla fine del XV secolo e sembra che sia stata suggerita da Pico della Mirandola; pare, che durante l’assedio di Firenze, da parte delle truppe francesi di Carlo VIII, il filosofo suggerì ai soldati delle truppe, schierate in difesa delle mura cittadine, di macellare i maiali rimasti e di inserire la carne dentro le loro stesse zampe, insieme ad alcune spezie, in modo da aver un alimento che potesse durare a lungo, in termini di conservazione, nel corso dell’assedio. Una volta preparato il cotechino il risultato fu eccezionale, peccato, però, che lo stesso umanista non ebbe modo di assaggiarlo, in quanto decise di avvelenarsi, il 17 novembre del 1494, all’età di 31 anni.
Docente di italiano e storia presso gli Istituti Superiori di Secondo Grado, già storico e critico d’arte e guida turistica regione Campania. Giornalista pubblicista e autore di diversi volumi, saggi ed articoli dedicati ai beni culturali, alla storia del territorio campano e alle arti contemporanee. Affascinato dal bello e dal singolare estetico, poiché è dal particolare che si comprende la grandezza di un’opera d’arte.
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