Ode al puparuolo ‘mbuttunato, il peperone è il re di Ferragosto
– Tra paste al forno, mozzarella di bufala e parmigiana di melanzane, trionfano sulle tavole ferragostane i peperoni imbottiti, meglio noti come i “puparuoli ‘mbuttunati”. Tipica pietanza campana, sostanziosa e calorica, le cui origini sono antichissime.
Almeno si risale all’età moderna, poiché i peperoni vennero importati nel “Vecchio Continente” dall’America dopo la scoperta di Cristoforo Colombo. Questo tipo di verdura fece la sua prima apparizione in cucina come piatto povero preparato dalla servitù degli aristocratici residenti nella capitale partenopea. Il peperone, una volta pulito e svuotato, poteva accogliere al suo interno gli avanzi della carne, della pasta e del riso non consumati dai nobili.
Ancora, nel XIX secolo veniva utilizzato dai venditori ambulanti napoletani come contenitori di spaghetti, mentre nel Novecento venne inserito come piatto esclusivo nei migliori ristoranti del golfo partenopeo.
Con le melenzane e la mollica di pane o con le acciughe, se non pure con i vermicelli, secondo la tradizione napoletana, queste sono le varianti più note di tale pietanza.
In territorio casertano, invece, fortunata è la versione del “puparuolo mbuttunat” con carne tritata, pinoli e prosciutto, il tutto rigorosamente preparato al forno.
E per far scendere una così grossa e grassa portata un bel bicchiere di vino ghiacciato con dentro una o più fette di pesca: una vera e propria alchimia enogastronomica campana conosciuta come “‘o vino cu ‘a percoca”.
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