Omaggio a San Sebastiano, la Caserta dell’arte si fa in cinque
Maria Beatrice Crisci –San Sebastiano è il Santo Patrono della città di Caserta. Lo è in coabitazione con Sant’Anna. Ma la sua figura, a differenza di quella vecchieggiante della madre di Maria, è certamente una delle più attrattive. I grandi artisti del passato lo hanno spesso rappresentato come un giovane militare dai tratti raffinati, trafitto dalle frecce e sanguinante, spesso inquadrato in un paesaggio boschivo, capace di sopravvivere a quel martirio. Ma anche nell’arte contemporanea ci sono notevoli riferimenti al suo corpo così aggraziato ma così oltraggiato.
In realtà, la notorietà di un Santo è legata anche alla sua iconografia. Spesso è stata l’immagine del corpo, la stessa figura, a generare o meno una maggiore devozione. Quindi, le opere d’arte, soprattutto quelle del passato, hanno avuto un ruolo fondamentale nella diffusione di uno specifico culto. E ci sono storie, descrizioni e avvenimenti di Santi che hanno fortemente attirato l’attenzione degli artisti e indotto a ritrarli. Ecco cinque omaggi casertani a San Sebastiano, cinque artisti che hanno inteso interpretare la figura del Santo. “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Le parole di Bertolt Brecht rimbombano nella mente. San Sebastiano fu martire per non aver rinnegato ciò in cui credeva, lui militare dell’esercito romano. Il suo gesto fu eroico, certo. Oggi lo ritroviamo come patrono della città di Caserta immolarsi ancora una volta con quella disinvoltura e quella tenerezza che solo Sandro Botticelli poteva rappresentare. Alle sua spalle il monumento all’eroismo militare dei casertani suona come un ulteriore monito perché non ci siano più guerre. Il paeaggio è quello che Jakob Philipp Hackert ritrasse guadando il territorio casertano. Vito Vozza con il suo Sovrapposto racconta il martirio per guardare a un mondo sostenibile e pacifico. Stop a ogni martirio. La terra, il mondo, non vogliono più eroi.
È molto «casertanizzato» il San Sebastiano dipinto da Gennaro Caiazza. L’artista fa emergere il Santo come un gigante alle spalle della Reggia vanvitelliana nell’azzurro di un cielo innaturale. Ai lati le due cattedrali casertane, quella del borgo collinare antico e l’altra della città nel piano.
Rinascimento e contemporaneo vivono nell’opera di Antonio d’Amore. Viene citato lo straordinario dipinto di Andrea Mantegna. Quel ritratto del Santo appare come un’immagine radiografica, dall’alto in basso e viceversa. Tutto è immerso nel rosso del sangue. Come cornice i numeri e le lettere.
Il martirio di San Sebastiano diventa la morte di Pulcinella per Giuseppe Vaccaro. L’artista declina in chiave partenopea il sacrificio del Santo. Si parte sempre dalla classica figura trafitta da frecce, ma vengono aggiunti la nera maschera napoletana e il berretto frigio. È un gesto di affetto per un eroe popolare.
Non ha un volto il San Sebastiano di Walter Pascarella, ma ha comunque una forte identità. L’artista dipinge il torso mutilo del Santo come un reperto della statuaria ellenistica. Ma quel corpo palpita. Trafitto dalle frecce, il cuore sanguina. L’impianto grafico dell’opera ha una sensibilità pop dai toni cromatici forti.
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