Opera di Strozzi trafugata, torna a casa nel museo diocesano
-Si è svolta presso il Museo Diocesano sezione Episcopio di Capua la cerimonia di restituzione della tela Il Tributo della moneta del pittore seicentesco Bernardo Strozzi. L’evento è avvenuto in presenza di Sua Eccellenza Monsignor Salvatore Visco, Arcivescovo di Capua, dell’architetto Gennaro Leva, Funzionario con delega del Direttore Generale Soprintendenza ABAP/Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento, della dottoressa Marianna Merolle, Funzionario Storico dell’Arte dell’ABAP, del Tenente Colonnello Giuseppe Marseglia, Comandante Carabinieri del Nucleo TPC/Tutela Patrimonio Culturale di Monza, del sacerdote Gianfranco Boccia, Direttore del Museo e Archivio Diocesano di Capua.
Trafugato nel giugno del 1998 dalla chiesa di San Vito in Ercole, parrocchia di pertinenza della diocesi capuana, il dipinto è stato rinvenuto dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale del Comando di Firenze dopo accurate indagini rientranti nell’ambito delle attività di controllo del mercato antiquario per contrastare il traffico illecito di manufatti d’arte.
Al fine di garantirne una maggiore salvaguardia ed una più precipua conservazione, l’opera resterà allocata nel museo diocesano capuano in una nuova sezione espositiva dove verranno inseriti anche altri dipinti di soggetto sacro afferenti al territorio capuano e datati tra i secoli XVII e XVIII.
Il Tributo della moneta di Bernardo Strozzi, artista genovese vissuto tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, è il titolo dell’episodio nel Vangelo di Matteo: Gesù e gli apostoli si trovavano a Cafarnao. Prima di entrare nel tempio vennero avvicinati da un gabelliere che chiese loro di pagare la tassa per entrarvi. Gesù mandò quindi san Pietro sulle rive del vicino lago di Tiberiade e lo invitò ad andare a pescare un pesce, dove avrebbe trovato una moneta d’argento con cui retribuire il tributo. San Pietro vi si recò e dopo aver trovato il pesce con l’obolo tornò indietro per poter corrispondere la tassa al gabelliere.
Bernardo Strozzi sin da piccolo si dedicò al disegno e alla pittura iniziando il suo apprendistato presso la bottega di Cesare Corte, a sua volta allievo di Luca Cambiaso: pittore cinquecentesco influenzato dal Beccafumi, Perin del Vaga e Michelangelo. Diciassettenne prese gli ordini religiosi e divenne frate cappuccino. Nonostante gli obblighi conventuali, Strozzi riuscì a portare avanti la sua attività di artista, per quanto l’esecuzione di alcuni soggetti profani gli costò un’accusa da parte del Tribunale della Santa Inquisizione di Genova. Fu attivo prevalentemente nella sua città natale ed in altri centri liguri, ma tanto produsse anche a Venezia. Secondo alcuni studiosi soggiornò, intorno agli anni Venti del Seicento, pure a Roma.
Nel corso della sua formazione, così come della sua carriera, Bernardo Strozzi subì l’influenza stilistica di Pieter Paul Rubens, di Paolo Veronese, dei caravaggeschi veneti come Jan Lys e Domenico Fetti e, poi, dalla tecnica pittorica di Diego Velázquez. Diverse sue opere vennero acquistate da Marco Antonio Doria, lo stesso committente del Martirio di Sant’Orsola del Caravaggio oggi in esposizione presso le Gallerie d’Italia di Napoli, che ne fece, insieme a Giulio Cesare Procaccini, tra i protagonisti, verso gli anni Quaranta del Seicento, di una pittura “non esclusivamente influenzata” dallo stile del Merisi.
Il Tributo della moneta è stato uno dei suoi soggetti più replicati. Difatti ne esistono alcune traduzioni in presenti in diversi mercati antiquari, ma soprattutto presso il Museo del Vescovado di Treviso e alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Del tutto fedele, invece, alla composizione del ritrovato dipinto della Chiesa di San Vito di Ercole è la versione conservata alla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.
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