Processo a Pinocchio. Unicef, intervista a Emilia Narciso
Elisa Marino/Marta Gesuele /Brunella Castiello/Antonio Porrino/Sergio Simeoli
– La redazione Tv Giordani ha incontrato in uno dei tanti appuntamenti organizzati nell’ambito del progetto «Scuol@ttiva al Giordani2», la responsabile provinciale Unicef Emilia Narciso autrice del libro «Processo a Pinocchio».
Lei dottoressa Narciso, da tanti anni si occupa di questa tematica che riguarda l’ infanzia. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro? “Mi ha spinto il desiderio di raccontare tutto quello che in quattordici anni ,alla guida della provincia di Caserta, ho visto. Mi ha spinto la voglia di testimoniare una scuola in difficoltà ma tutto sommato una scuola che funziona la dove ho visto ragazzi che accanto allo studio mettono questo necessario sapere a disposizione di un intera collettività ed era mio desiderio, quindi, testimoniare questo lavoro“.
Il titolo è “Processo a Pinocchio”, perché questo titolo e perché processo? “Pinocchio è una favola molto amata ed è forse una favola che si apprezza poco da bambini e che quindi dovrebbe essere riletta da adulti. In Pinocchio c’è tutto: la convenzione, il diritto al nome, a cui a volte non ci si sofferma e che noi facciamo con una certa specialità senza pensare che al mondo ci sono persone che addirittura non hanno un nome e se una persona non ha un nome non ha un diritto. Dire che il libro l’ho scritto io non è corretto, è stato scritto insieme alle scuole che ho visitato confrontandoci sul diritto al nome, sulle diverse abilità, sul diritto ad avere una famiglia che non è il diritto dell’adulto ad avere un bambino ma il diritto del bambino ad avere una famiglia e quindi abbiamo riflettuto su questo. Processo perché all’inizio siamo partiti con un’altra idea: quello di far capire che se non conosciamo i nostri diritti non siamo in grado di esercitarli. Pinocchio non sapeva di avere il diritto allo studio, di avere diritto alla famiglia, non conosceva di avere diritti e quindi si giustifica dicendo che non sapeva che esisteva una convenzione che gli riconosceva questi diritti. Quindi, sembra quasi che lo si voglia assolvere perché non ne era a conoscenza. La cosa importante per un giovane è conoscere i propri diritti e doveri il loro insegnamento è compito degli è adulti. Quindi è bello perché è un confronto tra il mondo adulto e il mondo bambino”.
Questo libro è un invito alla riflessione. In che senso? “È un invito a riflettere su quelle che sono le proprie responsabilità. A me ,qualche tempo fa, è piaciuto molto una discussione che si è creata sul problema che i minori non potevano uscire da scuola se non accompagnati dai genitori, poi è intervenuta la legge e la discussione è finita. Mi è dispiaciuto molto perché doveva essere approfondito. Poiché se un ragazzo esce solo per la strada si ha paura che gli possa accadere qualcosa lungo quel percorso e se una persona qualunque incontra per strada un minore in difficoltà non può pensare che se il bambino non è suo non gli deve interessare. In fondo, il minore è di tutta la società”.
Lei in qualche dichiarazione afferma che questo libro “Processo a Pinocchio è un libro aperto, cosa vuol dire? “Noi abbiamo tratto spunto dalla favola di Pinocchio ma non abbiamo inserito tutti i personaggi e allora questa è la riflessione che affidiamo agli altri ragazzi. Ci siamo chiesti chi sono oggi il Gatto e la Volpe, chi sono quelle persone che oggi possiamo incontrare in strada, questi videogiochi che ci affascinano, questi youtuber. C’è una parte molto bella del libro che è stata fatta da una scuola superiore di Aversa: i ragazzi hanno preso delle parole che sono: scelta, responsabilità, diritto, dovere, toga e le hanno analizzate. Mi è piaciuta la riflessione della parola toga, che viene usata dai giudici in un processo, e dal suo esame siamo arrivati a capire l’ importanza della formalità di certi gesti. Da cose semplici si è riflettuto su tutto quello che è l’universo giovanile. Ci piacerebbe approfondire e capire il significato di tante parole affidando il lavoro anche al Giordani”.
Quali sono le altre iniziative in cantiere per l’UNICEF? “Questa domanda mi fa piacere perché a volte, nonostante i 70 anni di attività dell’Unicef, si pensa sempre che sia un salvadanaio che raccoglie i soldi per un mondo lontano. Ma non è così l’Unicef è molto di più: è un forte programma culturale che ci vede impegnati anche nei nostri territori e che parte dalla conoscenza della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, valida nei nostri paesi e in quelli lontani. La solidarietà è una cultura dell’altro, se questa cultura ci appartiene non si cambiano i territori lontani ma si cambiano anche i nostri. In campo ci sono tante iniziative: c’è la costruzione di città amiche dei bambini per migliorare la vita dei bambini, riconoscendo e realizzando i loro diritti, e trasformarla per costruire comunità migliori oggi e in futuro. Qui c’è una riflessione sul diritto al gioco presente nel libro, dove Pinocchio decide di scappare per andare nel paese dei balocchi, e da qui cercare di capire perché una città non può offrire spazi di gioco facilmente accessibili e creare invece queste grosse attese e desideri di andare anche altrove. C’è il servizio civile nazionale che ci permette di parlare con i giovani per approfondire tematiche di un certo tipo. Insomma i progetti in campo ce ne sono e sono tanti”.
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