“Professione: artista”, un docufilm che è invito alla resistenza
– “Siamo tutti nella stessa barca!”. È un suggestivo richiamo alla solidarietà che suona come un sollievo nell’immaginario collettivo, ma che può stonare per quanti si sentano fuori da una generica sorte comune. Sarà sicuramente questo il pensiero degli artisti; la precarietà, già tipica di questa professione, è entrata in una specie di corto circuito con quella prodotta dalla pandemia, generando un’avvilente immobilità.
In questa prospettiva, diventa ancora più significativo il focus sulla condizione dell’artista elaborato da Gaetano Ippolito e Sebastiano Sacco: il documentario, scritto e diretto dai due autori, dal titolo “Professione: artista”, è stato girato nel 2015, nell’ambito del Festival Ouverture, tenutosi a Officina Teatro, teatro sperimentale della città di Caserta e presentato in anteprima al Napoli Film Festival nella sezione “Schermo doc”, nel 2018. Il documentario, produzione indipendente di Viseeva e Terra di Cinema, per le musiche originali di Vincenzo De Lucia e la produzione esecutiva di Valentina Crisci, ha richiesto circa una settimana di lavoro di ripresa, seguita da una postproduzione di un anno.
Un viaggio affascinante che percorre le vite di numerosi artisti italiani e stranieri, che da persone diventano personaggi, passando attraverso le loro passioni e sfide intrise di precarietà e necessità di continui cambiamenti.
Nell’opera si alternano interviste e performance che testimoniano la caparbietà con cui uomini e donne fanno fronte alle difficoltà del vivere l’arte: c’è chi si sente “funambolo” in bilico tra il cielo e la terra, nel tentativo di raggiungere la bellezza; chi da artista si sente di affrontare la vita “faccia a faccia con la paura”; e chi, infine consapevole delle maggiori difficoltà in Italia, si dirige altrove per vedersi realizzato. Pezzi di un mondo che danno il senso e la misura di quanto uno spettacolo sia solo l’atto finale di un percorso faticoso, benché appassionato, invisibile al grande pubblico. Il riconoscimento del valore di un artista, come produttore di valore aggiunto in termini di crescita culturale e spirituale, dovrebbe indurre uno Stato laico responsabile, nel periodo di profonda crisi indotto dal Covid, a dare sostegno al pari di quanto fa per qualsiasi altro libero professionista.
«L’impossibilità di esibirsi sta producendo danni enormi – dichiara il regista Ippolito – non solo perché viene a mancare la linfa in grado di rigenerare l’artista, ma anche e soprattutto sul piano economico, dal momento che questa professione, già di norma non riconosciuta al pari di altre, rimane esclusa da ristori e sostegni».
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