Profumo di mele zuccherate, Santa Matrona è stata rispettata
– Nonostante il persistere della pandemia da coronavirus, i fedeli di San Prisco e dei Comuni limitrofi sono accorsi in gran numero presso la parrocchia di Santa Croce per venerare Santa Matrona nel giorno dei suoi tradizionali festeggiamenti. Nel rispetto delle norme anti-covid i tanti devoti sopraggiunti hanno avuto la possibilità di accedere all’interno dell’antico sacello di Matrona, dove ancora si conservano straordinari brani di mosaici bizantineggianti datati alla prima metà del V secolo d.C. Come da consuetudine, il 25 di gennaio l’intera comunità di San Prisco si stringe attorno alla propria santa, la cui devozione va oltre la fede fino a essere espressione di una forte realtà identitaria.
Non a caso, è una santa unica nel suo genere, poiché la sua presenza è attestata esclusivamente nel Comune sanprischese. Premesso che il suo nome, Matrona, riporta al sostantivo femminile indicante la condizione di libertà e di appartenenza aristocratica della donna nell’antica Roma, è, importante, sottolineare che la suddetta santa era di nobili origini. Nella sua agiografia è, difatti, riportato che era una principessa lusitana vissuta nel V secolo. Affetta da fluxus ventris si era rivolta a numerosi medici, ma nessuno era riuscito a risanarla. Una notte, poi, le apparve in sonno Prisco, primo vescovo di Capua antica, che le indicò dove si trovavano i suoi resti mortali, chiedendole di rinvenirli così da dare una degna sepoltura. Guidata da un angelo, intraprese il suo lungo viaggio e giunta a Capua si diresse nei pressi di quella che un tempo era nota come via aquaria, rispondente, oggi, all’area dove sorge la principale chiesa di San Prisco. Lì vi trovò il cimiterium dove era stato sotterrato il corpo del presule capuano e una volta venuti alla luce i suoi resti la giovane principessa li strinse a sé guarendo del tutto dal male che l’affliggeva da tempo. In virtù della grazia ricevuta, Matrona decise di far costruire in loco un edificio sacro, in modo da far disporre al suo interno le prodigiose reliquie di Prisco. Sempre secondo la leggenda, Matrona condusse il resto della sua vita nei pressi di questa chiesa, onorata come santa e invocata come protettrice contro le epidemie intestinali e il colera. Dopo la sua morte, i resti vennero deposti nella medesima basilica. Il loro ritrovamento avvenne, invece, grazie all’invenzione di Prisco II, giunto in Campania, insieme ad altri 11 presuli, per scappare dalle persecuzioni contro i cristiani perpetrate dai vandali di Genserico. Lì dove sorgeva la sepoltura della principessa portoghese, vi venne, in seguito, eretto un sacello, corredato di splendidi mosaici paleocristiani raffiguranti i santi patroni della chiesa di Roma e di quella di Capua, di cui oggi restano soltanto alcuni elementi compositivi, in quanto il resto della decorazione venne abbattuta nel Settecento durante i lavori di ristrutturazione e di ampliamento della chiesa sanprischese.
Oltre la storia ed i racconti agiografici, la festività di Santa Matrona è, tuttora, tra gli eventi sacri più importanti che si celebrano ai piedi del Tifata. Non solo riti e preghiere, ma c’è anche tanta tradizione gastronomica e manifatturiera, dalla preparazione delle mele zuccherate alle “cucchiarelle” di legno, che purtroppo da due anni non vengono esposti al pubblico, la cui origine è da ricercare nella dimensione agricola e manufatturiera del piano campano. Al dies natalis di Matrona è, inoltre, associato un antico detto che recita così: A Santa Matrona a jurnata s’allonga e n’ora.
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