Quadri come architetture, Marco Tirelli è alla galleria Pedana
Maria Beatrice Crisci -Roma, città eternamente prolifica. Il ‘900 ha consegnato alla storia dell’arte varie “scuole romane”. Bastava che alcuni bravi artisti iniziassero a incontrarsi tra loro, a discutere e a mettersi in discussione, e subito nasceva un gruppo, una scuola. Questo è valso per Fausto Pirandello & Co, per Scipione, Mafai e sodali, per Schifano Festa & Angeli e tutta la pop romana, ed è valso anche per gli artisti dell’ex Pastificio Cerere. Ecco, Marco Tirelli, classe 1956, è stato tra i fondatori della nuova scuola romana, quella di San Lorenzo. Le sue opere più recenti sono in esposizione alla galleria Nicola Pedana, in piazza Matteotti a Caserta. E lo saranno fino al 12 dicembre. Testo di presentazione di Chiara Pirozzi.
Sarà la “grande bellezza” capitolina, sarà che Roma è città di architettura, ecco che Marco Tirelli compone i suoi lavori sulla relazione fra immagine e spazio. In esposizione un ciclo di opere recenti su superficie, incentrate sui rapporti spaziali tra solidi geometrici sospesi in un infinito siderale. Le opere sono realizzate in tecnica mista su carta, tela, gesso su tavola. Così ha scritto il critico d’arte Enzo Battarra sul quotidiano Il Mattino nell’articolo di presentazione della mostra di Marco Tirelli: “La sua ultima produzione si caratterizza per un’estrema eleganza delle immagini, tutte incentrate sui toni del grigio, che sfumano progressivamente sui versanti del bianco e del nero. La luce nasce all’interno dell’opera stessa, attraversa la superficie e genera il ritmo delle ombre, ma la sorgente luminosa non è individuabile nei confini del quadro. Non desti stupore l’avvicinamento a Caravaggio, ma la tecnica pittorica di un chiaroscuro che nasce senza una fonte di luce visibile era propria del grande maestro del Seicento. C’è in questo alternarsi di figure geometriche che proiettano ombre come scie, c’è in questo sovrapporsi di spazi che silenziosamente si collocano in prospettive irrealizzabili, c’è in tutto ciò il gusto di una sovranità romana. Si leggono le grandi architetture del passato imperiale, la magnificenza dello splendore barocco, l’aura di un’eternità sigillata e conclamata. Il tempo è sospeso, lo spazio è sospeso, la vita stessa è sospesa. Bisogna fermarsi e trattenere il fiato davanti a un’opera di Marco Tirelli, bisogna leggerla scrutando tutti i particolari, i dettagli, fino ad addentrarsi nell’invisibile, nel non detto. Nel non raffigurato. Ecco perché ogni sua immagine è un’architettura mentale”.
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