Resa di Caserta, non ci sarebbe 25 aprile senza quel 29 aprile
Nando Astarita*
– Il 29 aprile del 1945 la Reggia fu teatro di un evento di straordinaria importanza storica: la Resa Incondizionata delle truppe tedesche in Italia. Grazie ad essa furono risparmiate decine di di migliaia di vite umane, danni inimmaginabili al nord industriale, al nostro patrimonio culturale e, soprattutto, la guerra finì molto prima. Dunque, un evento non da poco, eppure, in questo Paese che ha giornate celebrative per questo e quello, la Resa di Caserta, è sempre stata finora caparbiamente ignorata, discriminata nella sua corretta valenza storica. A comprova di ciò, basti ricordare che quando finalmente fu citata su una lapide, in occasione del cinquantenario della Resistenza, da “Resa incondizionata” fu trasformata addirittura in “armistizio”.
Insomma, un pezzo di storia che, di certo, meriterebbe tutt’altro rilievo e conoscenza, tanto più oggi che, desecretata la relativa documentazione, sono emerse importanti ed insospettate implicazioni politiche da essa innescate.
Infatti, approfondirne la conoscenza vuol dire anche sapere delle diverse, importanti motivazioni che furono alla base delle lunghe e difficili trattative segrete (nome in codice dell’operazione: “Sunrise”) tra l’OSS (i servizi segreti americani guidati da Allen Dulles, futuro creatore della CIA) e il Comandante delle SS in Italia, Karl Wolff e poterne quindi apprezzare appieno l’importanza che resta immutata quantunque pochi giorni dopo, il 7 maggio, fu firmata a Reims la capitolazione totale del Terzo Reich. Infatti, mentre questa resa sancì formalmente la totale disfatta militare della Germania nazista, quella firmata a Caserta fu la resa di un esercito, forte di 23 divisioni ancora pressoché intatto che aveva creato, fino ad allora, non pochi problemi alle forze alleate, (5ª Armata americana e 8ª Armata britannica). Queste, sulla base dei successi in Africa, avevano previsto di risalire rapidamente la penisola (Bologna in 2 giorni, Venezia in 4) ed invece avevano impiegato ben 19 mesi per arrivare al Po a causa della dura resistenza tedesca sugli Appennini e perciò, senza la Resa di Caserta, temevano chissà quali altre difficoltà avrebbero potuto incontrare sul baluardo fortificato delle Alpi, il temutissimo “Ridotto alpino”, ritardando non poco la loro avanzata verso la Germania a tutto vantaggio dei russi e quindi con probabili diversi assetti geopolitici nel dopoguerra.
A ciò si aggiunga la consapevolezza che una accanita resistenza tedesca avrebbe significato la distruzione pressoché totale dell’industria italiana settentrionale. Un danno economico e sociale in immenso, così avvertito che già dal 1944 il Vaticano aveva cercato una soluzione negoziata creando contatti, tramite il cardinale Schuster, con alcuni industriali rifugiati in Svizzera e nobili italiani, tra i tedeschi ed il C.L.N.A.I , il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, che, dal febbraio 1944, non solo coordinava militarmente la lotta dei 60.000 partigiani al nazifascimo ma aveva assunto sempre più anche ruolo d’interlocutore politico.
E tanta preoccupazione si fondava sulla certezza che Hitler aveva dato ordine di ritirarsi solo dopo aver fatto “terra bruciata” di tutto il Paese al di sopra della Linea Gotica. Così, fabbriche, porti marittimi e aeroporti, luoghi d’arte, ponti e trafori alpini erano già stati minati e bastava solo un “via” per scatenare l’inferno. Quindi la Resa di Caserta non solo evitò la distruzione del nord industriale ma anche quella del nostro patrimonio culturale sia museale (p.e. La Galleria degli Uffizi fu consegnata intatta agli Alleati) che di città d’arte.
Ovviamente, degli sviluppi positivi dell’operazione “Sunrise” era stato tenuto costantemente informato il CLNAI (addirittura i partigiani resero possibile a Wolff di circolare liberamente per concludere la trattativa). Perciò fu in considerazione della prossima resa tedesca e del fatto che il 24 aprile le forze alleate avevano finalmente superato il Po, che il mattino del 25 aprile fu diramato per radio, con la voce stentorea di Sandro Pertini, il famoso proclama d’insurrezione armata al grido “Ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire! ”.
Ma, in realtà, l’eroica lotta partigiana a quel punto era già finita. Tant’è che quasi ovunque l’insurrezione non trovò praticamente resistenza da parte tedesca, a sua volta già informata della resa in corso. E così il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale era già libera, visto che il nemico se ne andava via da solo.
In conclusione, la festa della liberazione del 25 aprile, in quanto simbolo del riscatto morale, politico e militare del popolo italiano, iniziato l’8 settembre del ‘43, ha certamente grande valore per la storia del nostro Paese e merita doveroso ricordo e rispetto. Però, meriterebbe obiettivo ricordo e rispetto anche l’evento della Resa di Caserta che, di fatto, rese possibile la proclamazione dell’insurrezione. E, per far ciò, basterebbe anche soltanto citare la Resa di Caserta nel corso delle tante rievocazioni che già avvengono il 25 aprile.
Sarebbe atto di grande maturità storica, civile e politica.
Al contempo, ci auguriamo che proprio da Caserta, dalla nostra Reggia, possa partire un messaggio di sereno approfondimento storico di quel tragico periodo realizzando finalmente, nelle sue magnifiche sale e con il tanto materiale disponibile, quel memoriale della Resa di Caserta che, da noi proposto anni fa all’ allora Direttore Felicori, ottenne subito il suo favore.
Cosi, la Reggia di Caserta, dopo oltre tre quarti di secolo, potrebbe finalmente riavere il felice ruolo che la storia le aveva assegnato in quella nefasta guerra. E, forse, solo allora sarà chiaro per tutti che il 25 aprile non sarebbe festa della liberazione senza quel famoso 29 Aprile.
* cultore della storia di Caserta
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