Senti chi parla! È il corpo, ma bisogna imparare ad ascoltarlo
– Da diversi anni le ricerche in psicologia e nel campo delle neuroscienze hanno dimostrato che l’essere umano è composto in maniera unitaria da mente e corpo e che nell’arco di tutta la nostra vita l’una influenza l’altro e viceversa. E’ chiaro a tutti quanto difficolta’ lavorative, tensioni relazionali, incomprensioni familiari e dimensioni sociali, come quella che stiamo vivendo oggi a causa della pandemia, mettono a dura prova l’equilibrio del nostro sistema mente-corpo. Il ruolo che le emozioni giocano in tutto ciò è ovviamente fondamentale, in quanto esse si esprimono costantemente attraverso il corpo. Ad esempio la paura “fa sudare freddo”, la rabbia “fa venire i bollori”, l’amore fa battere il cuore o tremare le gambe e l’ansia fa rallentare la salivazione o venire “le farfalle allo stomaco”. Chiaramente si tratta di piccoli esempi che mostrano come la nostra componente somatica è strettamente connessa alle emozioni, ma: sappiamo cosa succede quando le emozioni non vengono riconosciute oppure non viene dato loro il giusto spazio e il giusto tempo per poter essere espresse ed elaborate? Beh, se ne fa carico il corpo! Un’emozione inibita e non espressa, viene gestita dal esso che altro non può fare che tradurla e canalizzarla, cioè somatizzarla, scriverla nel corpo, unico suo campo di azione, attraverso un meccanismo biochimico, producendo uno o più sintomi organici. Ad esempio, un pensiero ripetitivo che non riusciamo a risolvere (chiodo fisso) può indurre sintomi come emicrania o pesanti problemi a stomaco, milza o pancreas; il desiderio di farcela da soli a tutti i costi può farci alzare il colesterolo per darci più energia per vincere; ansia o forte stress possono dare disordini intestinali, cervicali, ormonali, e così via. In pratica la pressione emotiva porta ad un’ attivazione fisiologica che infiamma gli organi collegati con le nostre emozioni e prende di mira le nostre zone più vulnerabili. Il dolore fisico è, quindi, lo stesso dolore psichico che non sappiamo o non vogliamo ascoltare, che deleghiamo, allontaniamo, tentiamo di eliminare, fino a che la causa del problema non verrà affrontata e rielaborata.
Spesso possiamo riconoscere quanto il sintomo sia funzionale e quanto possa rappresentare uno strumento utile a conoscerci meglio. Se soffriamo spesso di emicrania ricorrenti che ci obbligano a isolarci dal mondo , possiamo domandarci: “quanto spazio dedico a quella parte di me che ogni tanto vorrebbe isolarsi?”. Se sentiamo bruciore di stomaco e non ci chiediamo cosa non riusciamo a digerire e per quale grosso e indigesto boccone il nostro stomaco sta producendo più acido, la gastrite è dietro l’angolo. Se abbiamo diarrea da tempo e non ci chiediamo cosa nella nostra vita è per noi così contaminante o dannoso che il nostro corpo si impegna per scaricarlo fuori ed eliminarlo da noi rapidamente per proteggerci dall’assimilare quel contenuto, la diarrea continuerà il suo corso. Se siamo rigorosi, retti, lineari, perfezionisti, orgogliosi e inflessibili, specie sul dovere e sul lavoro, il nostro corpo per sostenere questo atteggiamento diventerà anch’esso più compatto, rigido, inflessibile, freddo, si piegherà sempre meno al piacere e sarà sempre più improntato al dovere…per dare forma a questa attitudine ci renderà più rigidi nelle articolazioni, ridurrà le loro funzioni al minimo, perché non ci dobbiamo piegare a nulla e dobbiamo essere inflessibili, specie con noi stessi! Tutto ciò non fa una piega! Ma se non scendiamo a qualche compromesso e non concediamo al nostro corpo ascolto, piacere e morbidezza ogni tanto, finirà che ci accorgeremo di lui e della nostra rigidità articolare solo grazie al dolore.
Dobbiamo dunque rispettare la conseguenza di questo “silenziare” la nostra anima ed accettare la probabilità di un sintomo, come di una malattia, come ultima possibilità espressiva. Qual è l’alternativa? Iniziare a cambiare qualcosa nella nostra quotidianità e cominciare a riconoscere ed ascoltare davvero il significato profondo dei nostri sintomi, stabilire un dialogo interno e ridefinire i rapporti con il mondo per restituire al corpo la sua funzione più primitiva che è quella di accompagnarci in salute lungo l’espressione naturale della nostra esistenza.
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