Tato Russo fa rinascere il café chantant al Teatro Comunale
(Claudio Sacco) – Il lungo week-end con Tato Russo al Comunale di Caserta inizierà nel pomeriggio di sabato 18 febbraio, quando il celebrato uomo di teatro napoletano terrà un incontro pubblico. Sarà la direttrice di OndaWebTv, la giornalista Maria Beatrice Crisci, a ospitare Tato Russo nel suo “Salotto a Teatro”. All’evento parteciperà tutta la compagnia impegnata nella messa in scena di “Grand café chantant“, lo spettacolo che sarà proposto sabato alle 20,45 e domenica alle 18.
“Gran café chantant” è un vaudeville in due atti scritto, diretto e interpretato da Tato Russo, su testi di Eduardo Scarpetta. Gli altri attori sono Clelia Rondinella, Katia Terlizzi, Renato De Rienzo, Mario Brancaccio, Salvatore Esposito, Dodo Gagliarde, Letizia Netti, Carmen Pommella, Antonio Romano, Francesco Ruotolo, Caterina Scalaprice, Massimo Sorrentino, oltre all’Orchestra Gran Cafè Chantant. Le scene sono di Peppe Zarbo, i costumi di Giusi Giustino, le musiche di Zeno Craig, il disegno luci di Roger La Fontaine.
In una nota diffusa alla stampa, si legge che la vicenda è ambientata ai primi del 900, nel cuore della belle époque. Molti teatri di prosa chiudevano perché la nuova moda li rendeva ormai deserti. Qualcuno per seguirla veniva trasformato in ritrovo di numeri ben più leggeri.
Due coppie di artisti ormai alla fame sono costretti, loro detentori dell’antica arte della tragedia, a riciclarsi come vedette di café chantant. Una serie infinita di traversie e di avventure tutte da ridere li accompagna in quello che vuole soprattutto essere l’affresco d’un epoca edonistica e culturalmente in grande decadenza.
Tato Russo riscrive e trasforma la commedia di Scarpetta in un vaudeville, che è un tourbillon di trovate e di caratteri, e, intorno al classico divertentissimo intreccio scarpettiano, propone l’analisi critica di un periodo storico che, pur durando lo spazio di una meteora, fu denso di significati culturali e civili, che chiudeva un secolo, l’Ottocento, e ne proponeva un altro, quello dell’opera moderna. Un mitico quindicennio che, pur proponendosi come un’epoca di splendori, portava in sé un periodo di miseria e decadenza.
Nel 1900 i teatri di prosa chiudevano per lasciare spazio al café chantant. Questa nuova forma di spettacolo metteva in crisi quello tradizionale come accadrà qualche decennio più tardi con l’avvento del cinema e oggi con l’avvento dell’one man show da cabaret.
I luoghi teatrali si trasformavano. Chiudevano molti “teatri storici”, altri per sopravvivere erano costretti a modificare il repertorio. La vicenda dura un giorno, ma Tato Russo dilata lo spazio temporale di questa giornata, riferendola all’intero periodo di quel quindicennio, dalla nascita, allo splendore, alla miseria del café chantant: un lungo giorno in cui cambia la moda, il gusto, la maniera di pensare della gente.
E se l’azione parte dalla crisi del teatro di prosa determinata dall’aggressione del café chantant, termina nella fine quest’ultimo a sua volta stroncato dall’avvento del cinema. Intorno ai quattro protagonisti della storia si muove una miriade di personaggi, che vagano tra tipi e macchiette.
Tato Russo ha impostato la commedia su questa folleggiante contrapposizione di stili recitativi e di drammaturgia.
Da una parte il linguaggio di commedia che sarà di Eduardo, dall’altra quello da farsa che è tipico di Scarpetta. Da una parte un Felice, personaggio nel vero senso della parola, dall’altra il mondo delle caricature, dei trucchi, delle esagerazioni.
Tato Russo ripropone cosi uno Scarpetta diverso, più vicino ai classici nelle linee di una direzione personale di fare teatro, laddove ogni intuizione critica non si propone mai come fine a se stessa ma sottostà invece a un piano organico di messa in scena, in cui ogni elemento concorre in giusta proporzione con tutti gli altri.
Uno spettacolo ricco di trovate, di colori, di contenuti. Un vero fuoco di fila affidato alla grande bravura di tutti gli interpreti con alla testa Tato Russo.
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