Teatro Civico 14, in scena “Mamma” di Annibale Ruccello
– «Mamma» è lo spettacolo che andrà in scena sabato 2 novembre al Teatro Civico 14 di Caserta. Un racconto di quattro storie ispirate alle figure disegnate da Annibale Ruccello nel 1986. Una performance incarnate nel dialetto foggiano, lingua madre dell’attore Danilo Giuva, e nella visione contemporanea della Compagnia Licia Lanera che torna in data unica in Campania al Teatro Civico 14. La pièce teatrale è molto poco rappresentata, forse per la composizione frammentata in quattro brevi monologhi o probabilmente perché, tra i lavori di Ruccello, è quella più aderente alle aberrazioni dell’epoca in cui è stata scritta. La consulenza artistica per la messa in scena è di Valerio Peroni e di Alice Occhiali, le luci di Cristian Allegrini, musiche e suoni di Giuseppe Casamassima, fondale di Silvia Rossini, organizzazione Antonella Dipierro, assistente alla regia Riccardo Lacerenza.
«Una madre – sottolinea Danilo Giuva nelle note che accompagnano lo spettacolo – è colei che dà inizio alla vita, è colei che rende possibile l’inizio di un altro mondo, che fa esistere un’altra volta, ancora una volta, il mondo. Nell’atto del concepimento la madre diventa creatrice, generatrice di un corpo che cresce, si espande, che acquista le sue forme, per rivelare, però, alla fine, la sua trascendenza. La maternità è, dunque, l’evento in cui ogni madre incontra la dimensione irreversibile della perdita, è l’atto in cui la madre, perdendo il frutto creato dal suo corpo, cessa di essere creatrice. La maternità non è mai un evento della biologia, quindi, ma, innanzitutto, un evento del desiderio, il desiderio di reintegrare quel frutto nel suo corpo, di ripristinare il potere generatore della vita. Ed è proprio dalla riflessione su questo desiderio e sulla sua degenerazione narcisistica che nasce il mio, di desiderio catartico, di comprenderlo fino in fondo, per sviscerarlo e mostrarne, poi, il cortocircuito che ne consegue. Per svelare il bug che infetta il cervello della donna/madre nell’istante dell’espulsione e che trasforma una condizione così bestialmente carnale ed istintiva, nell’incarnazione metaforica della disgregazione del nido familiare in funzione del Sé, al punto da indurla a disconoscere ogni sua mansione naturale e rivelare, all’opposto, un animo di genitrice perfida e mutevole».
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