The common thread, il filo comune del brand di Italo Marseglia
– The common thread è il titolo della nuova capsule collection fall winter 2021/2022 di Italo Marseglia, designer campano, classe 90, autentico talento della nostra terra. La sua città d’origine è Vairano Patenora, ma vive a Roma ormai da diversi anni, ed è qui che ha fondato nel 2014 il suo brand «Italo Marseglia». Come nasce questa capsule collection? «The common thread Fall/Winter 21/22 è stata pensata in un lungo periodo cominciato un anno fa quando, dopo ZOOmantic e il suo successo, il contesto e le dinamiche cui facevo l’abitudine come designer sono improvvisamente cambiati. Non ho più potuto far conto sul network messo in piedi a fatica tra suppliers e realtà produttive e ho visto le occasioni per cui avevo strenuamente faticato andare in fumo».
Perché common thread? «Il nome common thread nasce perché tutti i capi della capsule hanno un filo comune: il filato, che corre lungo tutta la capsule collection nei capi realizzati interamente a mano da me con tecnica crochet. I filati adoperati vengono dal “crowfunding” attivato tramite i miei canali social, attraverso la mutua volontà di aiutare e intervenire in un progetto creativo che altrimenti non avrebbe avuto modo di esistere. Le risorse e le finanze a disposizione, dopo l’ultima collezione, non mi permettevano di pensare secondo uno schema canonico di approvvigionamento, façon e confezione. Ho dovuto necessariamente tagliare qualsiasi spesa. Ma, allora, cosa mi restava? E soprattutto, dove pensavo di poter andare con così esigui mezzi? Sono ritornato ai diktat dei miei esordi come studente di moda: ho individuato come fine la sola espressione della mia creatività perché ho bisogno di incanalare e dare sfogo al mio essere». Quale è il proposito di “the common thread”? «Con questa capsule confermo il proposito del fare della manualità e della salvaguardia del savoir-faire artigianale un perno delle mie produzioni. Ed è proprio con questo “mantra” che nasce l’idea di “common thread”: un filo comune per la produzione di nuovi look per cui ricorrere solo al saper fare delle mie mani, coinvolgendo il più ampio network possibile (tra amici e followers) per recuperare le materie prime e continuare il lavoro di UPCYCLING creativo partendo direttamente dal filo!» Una breve descrizione della capsule collection? «Numerosi punti e lavorazioni diverse si alternano nei capi proposti: schemi di ricamo recuperati da vecchi giornali e dispense, anche Russe o Giapponesi, e decifrate con difficoltà e una punta di divertimento! La capsule collection offre una palette di colori ampia e variegata, non volendo dare limite alle possibili donazioni di materia prima e ho cominciato sin da subito a immaginare i capi in un ampio caleidoscopio di colori: dal bianco e le sue sfumature, ai rosa, ai gialli, ai celeste e i blu. Dalle mie mani (chiattulelle, come ho buffamente cominciato a definirle sui social) si concretizzano top, reggiseni, cardigan, maglioni e abiti. Tutti con una grande alternanza di materiali: dal mohair al filato prodotto con denim riciclati o poliestere upcycled. I motivi e le alternanze di colore vogliono essere un eco dei miei primi pezzi confezionati con tessuti a righe». Come nasce l’idea del knitting? «Questi capi non sono pensati in senso binario e mi piace credere che vadano oltre l’idea di “genderfluid”. Ho pensato ogni creazione affinché avesse un appeal tale da convincere chiunque volesse indossarla, indipendentemente dall’identità corporea. Il lavoro a maglia – knitting – mi ha dato possibilità che il tessuto non mi dava. È duttile e si adatta particolarmente bene al corpo. Non fa resistenza nel seguire i movimenti di chi la indossa. Perciò ho potuto ben interpretare il concetto di “libertà d’espressione”, che passa sicuramente anche attraverso l’abbigliamento che si indossa». Da cosa nasce #madeinitalo? «Nasce durante il 2020 da una riflessione personale sul “Made in Italy” che riporta alla mia mission: valorizzare il savoir-faire proprio dell’artigianato italiano e l’uso di materiali che siano di prima qualità, provenienti da filiere riconosciute e certificate. Il #madeinitalo però fa un passo avanti: infatti, ho scelto di creare prodotti nel rispetto dei crismi del made in Italy canonico ma che rispettino anche i dettami della sostenibilità ambientale e che siano il risultato del lavoro di una rete allargata “uptodate”, che abbatta i confini geografici nel nome della ricerca dell’eccellenza per ottenere qualcosa di riconducibile solo a me (come materiali quali il patchwork di scarti di pizzo francese e la pelle del salmone dall’Islanda utilizzati nelle precedenti collezioni). #MADEINITALO è inoltre espressione di ironia di cui da sempre mi servo come uno strumento di difesa».
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