Ulisse e Penelope ritornano al Civico 14, è questa la loro Itaca
Enzo Battarra (Ph Marco Ghidelli)
– Ulisse torna sul palcoscenico del Civico 14 di Caserta. E vi torna con la sua Penelope. È un “nostos” che ha il sapore di un meritato riconoscimento, quello del Napoli Teatro Festival. Il suo direttore, Ruggero Cappuccio, ha voluto che sabato 23 giugno alle ore 21 fosse il teatro casertano, inserito nello Spazio X, a ospitare nel cartellone della rassegna lo spettacolo “Di un Ulisse, di una Penelope”, già proposto su quello stesso palco lo scorso anno.
Il testo è di Marilena Lucente. Ulisse sarà Roberto Solofria, che cura anche la regia. Penelope sarà Fabiana Fazio. Loro due gli unici attori in scena, ma in realtà lo spettacolo ha altri protagonisti. Ci sarà Penelope in attesa nella voce di Ilaria Delli Paoli. E ci sarà il progetto sonoro di Paky Di Maio, capace di tagliare la scena con la sua musica che invade lo spazio e sembra quasi materializzarsi, prendere forma, avvolgere gli attori. Ma protagoniste sono anche le scene di Antonio Buonocore, una macchina teatrale che diventa piano di confronto e gabbia. Sono Ulisse e Penelope a doversi arrampicare fin lassù, su quei seggioloni da arbitro di pallavolo, per guardarsi negli occhi, per incrociarsi a un livello superiore. E questo tavolo dalle grandi altezze è in realtà un’isola, è Itaca, immersa in un mare di acqua che sin dall’inizio ha il colore rosso del sangue. Non si sa se le citazione sia voluta, ma quel quadrato d’acqua ricorda maledettamente l’opera di Pino Pascali “32 mq di mare circa” del 1967 che è stata esposta anche nella sala di Alessandro nella Reggia di Caserta. Non si sa se l’architetto Buonocore, lui che ha sensibilità per le arti visive, abbia avuto la possibilità di vederla lì esposta o alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, ma di certo ha pensato – come pensò Pascali – che era bello confinare il mare in una forma geometrica, dove ogni lato è un limite con le sue Colonne d’Ercole.
Al fascino dello spettacolo contribuiscono i costumi di Alina Lombardi e il disegno luci di Marco Ghidelli. La collaborazione ai movimenti scenici è di Luigi Imperato, le traduzioni in napoletano sono di Roberto Solofria, l’organizzazione è di Napoleone Zavatto, la produzione è di Mutamenti / Teatro Civico 14.
Ulisse è Roberto Solofria, perché trova nell’attore il simulacro di se stesso. Parla napoletano, è un navigatore, ma è proprio un guerriero, acheo certo, ma anche maori, che si concede la sua haka. Penelope è la sua regina, lo attende sulla sua Itaca, che non può essere territorio di Proci. Si guardano spesso negli occhi i due sovrani per conoscersi e, cosa più difficile, per riconoscersi. Sì, sono Ulisse e Penelope, ma potrebbero essere Nagg e Nell, o altra coppia letteraria. Il riferimento al rosso del mare, al Mediterraneo insanguinato, è citazione tristemente e volutamente attuale. Con la sua lingua napoletana, Ulisse sembra cercare Partenope più che Penelope, una città madre che lo accolga naufrago, ma finisce per ritrovare l’amore della sua sposa, di colei che ha regnato su quel lembo di terra sottratto al mare. Questa è Itaca, l’isola dell’assenza, il luogo dell’attesa.
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