Un rocket man all’anfiteatro di Pompei. Elton John per una notte ruba la scena alla storia
(Enzo Battarra) – Lui è Elton John. E lo è a prescindere dai contesti in cui si trovi, a prescindere dall’età, dalla moda dei tempi. È un monumento vivente alla storia della musica. E lui lo sa. E sa che può divertirsi a indossare una giacca dal colore e dalla forma improbabili, sa che può sedersi sul pianoforte, sa che può permettersi di reinterpretare se stesso, sa che farà stupire il pubblico e che alla fine tutti diranno “Ma quanto è ancora bravo, quanta energia ha dentro di sé”. Questo significa essere Elton John o anche fare Elton John, quando il carisma è maggiore della notorietà del personaggio stesso.
Ieri all’anfiteatro di Pompei, luogo incantevole e prestigioso, ha dato spettacolo di sé. Ha tenuto il pubblico in pugno per due ore, ha concesso come bis “Crocodile rock”, anno di grazia 1973, una pietra miliare della musica pop, la hit più hit del suo repertorio. E poi si è dileguato. Invano lo si è cercato tra la folla. È stata un’apparizione straordinaria vederlo materializzarsi tra gli scavi archeologici più famosi al mondo, ancor più straordinaria la sua capacità di dematerializzarsi, di scomparire.
Restano le due ore di grande musica, migliaia e migliaia di click fotografici, di riprese video, di registrazioni approssimative, mentre Radio2 trasmetteva la diretta del concerto. Il desiderio degli spettatori era di riportare a casa l’immagine di Elton John, la sua musica, la sua voce. E poter dire: “Io il 12 luglio c’ero. Anch’io ero all’anfiteatro di Pompei a guardare estasiato Elton John”. E qualcuno ammetterà anche di aver pianto ascoltando “Rocket Man”.
@EnzoBattarra