Un tempo erano i matusa, ora i giovani li chiamano boomers

Un tempo erano i matusa, ora i giovani li chiamano boomers

Teresa Bifulco*

– Anche a chi abbia scarsa dimestichezza con i social network sarà probabilmente capitato di imbattersi nella parola boomer: si tratta di una forma che in tempi recenti si è diffusa, anche in italiano, nell’uso dei giovani e giovanissimi per indicare in modo ironico, e spesso dispregiativo, una persona più anziana che riveli atteggiamenti e modi di pensare da questi ritenuti ormai superati (specialmente dal punto di vista politico, sociale e tecnologico).

Nel suo significato proprio e originario, il termine boomer indica più specificatamente una persona nata negli anni del cosiddetto “baby boom”, l’esplosione demografica che ha interessato la maggior parte dei paesi occidentali al termine del secondo conflitto mondiale: la forma rappresenta infatti la riduzione del termine inglese baby boomer (derivato del composto baby boom, letteralmente “esplosione (di nascite) di bambini” con l’aggiunta del suffisso -er proprio dei nomi d’agente), con il quale in diversi paesi del mondo sono comunemente indicati i “figli” di tale stagione di intenso sviluppo economico e forte incremento demografico, in particolare i nati tra il 1946 e il 1964.

Secondo la ricostruzione offerta dai principali strumenti lessicografici inglesi, tra cui l’Oxford English Dictionary, e da alcuni articoli dedicati all’argomento, tale denominazione sarebbe stata coniata all’inizio degli anni Sessanta negli Stati Uniti, non a caso uno dei paesi maggiormente interessati dal fenomeno dell’incremento demografico del secondo dopoguerra. La prima attestazione di baby boomer risale al gennaio del 1963, quando compare nel titolo di un articolo del quotidiano statunitense Daily Press sul vertiginoso incremento delle iscrizioni nelle università americane come conseguenza del raggiungimento della maggiore età da parte dei molti giovani nati nell’immediato dopoguerra. 

Il sostantivo baby boomer comincia presto a diffondersi come prestito integrale dall’inglese anche in molte lingue europee, soprattutto in articoli e pubblicazioni che descrivono la realtà statunitense. In italiano le prime occorrenze del termine risalgono alla metà degli anni Ottanta, in articoli pubblicati sui maggiori quotidiani nazionali che approfondiscono le ultime novità della scena politica e socio-culturale americana. 

A partire dal 2019, boomer inizia a diffondersi nell’uso dei più giovani, soprattutto in rete e nei social media, per indicare non solo gli appartenenti alla generazione del “baby boom”, ma più in generale qualsiasi persona più anziana che dimostri atteggiamenti e modi di pensare ormai superati, per esempio opponendo resistenza al progresso tecnologico e sociale, negando l’esistenza del cambiamento climatico o sminuendo l’importanza degli attuali dibattiti sull’identità (etnica, di genere o legata all’orientamento sessuale). 

La fortuna della parola nella sua più recente accezione è decretata soprattutto dalla diffusione virale, in diversi paesi del mondo, di diversi meme, ossia di immagini di norma associate a una frase – tormentone, che in questo caso contiene al suo interno la nostra voce e che a partire dal 2019 ha goduto di una popolarità crescente in rete e su social network come Twitter e TikTok: si tratta di “Ok boomer”, un’espressione usata soprattutto da giovani e adolescenti della Generazione Z come risposta sarcastica alle critiche e alle osservazioni paternalistiche delle persone più anziane, nella maggior parte dei casi appunto della generazione dei cinquanta-sessanta-settantenni. 

Anche in italiano l’espressione gode di una discreta circolazione, soprattutto in rete e nei principali mezzi di comunicazione e ciò concorre, di riflesso, a una maggiore diffusione anche del sostantivo boomer (divenuto quasi una parola-simbolo dello scontro generazionale), che nel 2020 è registrato dal portale Treccani nella sezione “Neologismi 2020” insieme alla variante estesa baby boomer

Il nuovo significato della forma tuttavia non è ancora accolto da alcun dizionario sincronico: solo il tempo potrà dirci se si tratta di una “moda” linguistica temporanea, legata all’attuale diffusione dell’espressione (e all’attuale scontro generazionale), destinata quindi a esaurirsi nei prossimi anni, o se l’uso di boomer arriverà a consolidarsi anche nella lingua corrente, divenendo a tutti gli effetti parte del lessico italiano.

Per quanto riguarda infine la grafia del termine, che in italiano oscilla tra la variante con l’iniziale minuscola e quella con la maiuscola, va detto che analogamente a quanto osservato per il sostantivo millennial, trattandosi non di un nome proprio, ma di un nome comune, che identifica una classe di individui e non un singolo, boomer non richiede, secondo l’attuale norma ortografica, l’uso della maiuscola. Quanto alla corretta declinazione al plurale del termine, che oscilla tra la forma invariabile (“i boomer”) e quella flessa secondo le regole morfologiche dell’inglese, che prevedono l’aggiunta della desinenza -s (“i boomers”), è forse preferibile optare per il plurale invariabile, che è del resto anche quello attualmente prevalente nell’uso, oltre a essere in linea con il trattamento di norma riservato alle parole straniere da tempo attestate nella nostra lingua.

*Dottorato in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche – Università degli Studi di Napoli “Parthenope”

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Maria Giovanna Petrillo
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Magi Petrillo alias Maria Giovanna Petrillo è professore Associato in Letteratura Francese e giornalista pubblicista. Incardinata presso il Dipartimento di Studi Economici e Giuridici dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”. Insegna “Abilità Linguistiche in Lingua Francese” e “Civiltà Francofone. Dal 2021 coordina il Collegio Docenti del Dottorato di ricerca in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche. Formatrice CLIL/EMILE. I suoi campi di ricerca riguardano la letteratura francese e francofona dal XIX secolo all’estremo contemporaneo; alcuni lavori indagano la polarità tra giornalismo, cinema e letteratura.

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