Webete e webetismo: l’ignoranza ai tempi di Internet
Nicla Mercurio*
La lingua è un sistema vivo, che si trasforma nel tempo e si arricchisce in risposta alle necessità dei suoi parlanti. Sempre più numerosi sono i neologismi coniati per denominare concetti nuovi e stare al passo coi tempi, operazione che coinvolge organizzazioni istituzionali ed équipe di professionisti, ma non solo. Anche i singoli individui, consapevolmente o meno, possono creare parole nuove e diffonderle. Impresa non troppo complessa se il singolo individuo in questione è una celebrità nell’era di Internet e dei social network.
“Lei è un webete”, così Enrico Mentana, direttore del Tg La7, rispondeva su Facebook ad un utente – un “altro così decerebrato”, un “avvelenatore del web” – che polemizzava contro i rifugiati “ospiti” di hotel di lusso. Il termine, diventato virale in pochi minuti grazie alla notorietà del giornalista e proclamato “parola dell’anno 2016” da Repubblica.it, è stato inserito nella nuova edizione del dizionario Devoto-Oli, presentata lo scorso settembre e contenente ben 1500 neologismi.
Ma cosa significa webete? Webete è una parola macedonia, cioè un vocabolo nuovo formato dalla fusione di due parole diverse – in questo caso web (= la rete) + ebete (= chi è ottuso di mente) –, e si riferisce all’utente che scrive cose stupide online, in toni talvolta aggressivi, che non limita i suoi commenti e le sue osservazioni malgrado non abbia piena conoscenza dei fatti. È chi usa Internet in modo poco costruttivo, chi non riconosce le fake news, il “povero minus habens del web” del professore Massimo Manca, che, poche ore dopo il post di Mentana, ha svelato le vere origini di una parola in realtà non così nuova.
Webete, infatti, risale agli anni ’90 e viene così definito nel Dizionario del gergo di Usenet di Maurizio Codogno: “utente che considera Internet composta solamente dalla WWW. Neologismo coniato da Ginzo”. Quindi venti anni fa il webete era il fruitore medio della rete, colui che navigava ignorando tutti gli aspetti più tecnici, il non addetto ai lavori: quasi tutti noi siamo stati webeti. E se Mentana non è l’inventore assoluto di questa parola, a lui va il merito di averla rimessa in gioco ampliandone il significato e avvicinandola ad un famoso discorso di Umberto Eco sulle “legioni di imbecilli” a cui i social network hanno dato diritto di parola. Con l’aggiunta del suffisso -ismo, da webete deriva webetismo, sindrome per la quale, si spera, si trovi presto una cura.
*Dottorato in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche – Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
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